- Fonte:
- Gino Doria, Per Salvatore Di Giacomo, «L'approdo letterario», n. s., n. 10 (apr.-giu. 1960), p. 3-8.
«Seduto, nella Biblioteca Lucchesi Palli, alla lunga tavola cui egli [Salvatore Di Giacomo] presiedeva, a volte corrucciato, a volte bonario, io, anzichè attendere al mio lavoro, osservavo con dissimulata curiosità quanto il Poeta andava facendo. Spesso aveva davanti dei grandi fogli di carta a mano (amava molto le belle carte e gl'inchiostri di vario colore) e in testa al primo di essi inscriveva, con la sua stupenda calligrafia, un paio di versetti. Poi si metteva a riflettere, scuoteva il capo grigio, appallottolava quel foglio e lo buttava nel cestino. Poi su un secondo foglio tracciava o quegli stessi o altri versetti, che al massimo da due diventavano tre, e di nuovo, e un po' più rabbiosamente, ne faceva esecuzione capitale. E così di seguito e per molti giorni, salvo quelli in cui era tutto preso dal redigere le schede dei musici usciti dai Conservatorii napoletani. Che cosa fossero quei versetti, a quali capolavori dovessero dar luogo, o fossero solo delle esercitazioni a freddo, non avrei saputo allora nè so ora dire. [...] Dunque, io mi raffiguro il Poeta che, affacciatosi nocturno tempore alla finestra della sua casa a Magnocavallo, sente vibrare nell'aria le note trasmesse da un lontano pianoforte, ne ha un'emozione e il giorno dopo, in biblioteca, ferma su quei fogli i memorabili versi».
(Gino Doria, Per Salvatore Di Giacomo, p. 4-5. Salvatore Di Giacomo diresse la Biblioteca Lucchesi Palli di Napoli dal 1902 al 1932).