- Fonte:
- Guerriera Guerrieri, Un bibliotecario rimpianto (Don Pippo De Nobili). «Almanacco dei bibliotecari italiani», 1963, p. 75-80.
«In un angolo della vecchia Biblioteca Comunale di Catanzaro, al pianterreno del Palazzo del Municipio, presso una finestra, la figura di un vecchio signore dalla lunga barba, con un berretto in testa, una pipa in bocca, un plaid sulle ginocchia... Lì vicino un braciere, e, dall'altra parte, uno scaffale sulla cui fiancata era qualche fotografia eseguita con la tecnica di tanti anni fa. [...] E libri e libri, in mano al vecchio Signore e al suo interlocutore, sul muretto della finestra, oltreché in tutto l'ambiente oscuro, oppressivo, dagli scaffali lignei non sufficienti a contenere i volumi ad essi destinati, e con un grande tavolo a disposizione dei lettori. E libri anche nello sfondo di questa prima stanza della Biblioteca Comunale di Catanzaro, in altro ambiente che si raggiungeva scendendo qualche scalino e che ospitava anch'esso, ordinati sì, ma stretti, stretti negli scaffali altre raccolte di volumi...
Quando entrai per la prima volta in questa Biblioteca Calabrese vidi quel che sopra ho detto.
Il vecchio Signore era il Direttore della Biblioteca: cioè colui che l'aveva in realtà costituita e la reggeva con competenza e con amore, il Barone Filippo De Nobili, uomo tanto dotto e generoso con gli studiosi, amato e stimato, chiamato il Barone Dott. Filippo De Nobili solo nelle carte ufficiali, ma da tutti appellato più familiarmente, affettuosamente Don Pippo.
[...]
Analogamente del resto, egli volle una nuova sede per la sua Biblioteca, vi aspirò come ad un sogno che credette per lungo tempo non realizzabile [...], ma... come «Sua» Biblioteca, Don Pippo sentì sempre quella degli angusti locali che videro tutta l'opera sua; quel «suo angolo» dove pensava, dove esaminava i libri, donde li consigliava, dove trascorreva più ore in rievocazioni e commenti; egli intuiva che nella nuova sede ariosa, dall'arredamento metallico, dal grande magazzino a torre, con impianti moderni, non si sarebbe più ricostituito, non sarebbe più quello.»
(Guerriera Guerrieri, Un bibliotecario rimpianto, p. 75-76, 79-80).