- Fonte:
- Muzio Mazzocchi-Alemanni, Incunaboli e fumetti, «Almanacco dei bibliotecari italiani», 1955, p. 173-176.
«Un mattino d'inverno, sulla soglia dell'illustre, silenzioso salone [della Biblioteca Angelica] dove gli eruditi habitués (storici della riforma, studiosi dell'agostinismo, editori di testi delle origini) andavano mano a mano sprofondando negli abissi della recherche o addipanando sottilissimi fili nel labirinto della memoria del mondo, sulla soglia dunque del vanvitelliano salone apparve da essa timidamente affacciandosi un omino dagli abiti lisi e dall'aspetto umiliato dell'operaio senza lavoro. Veniva dalla Borgata Gordiani o dalla Garbatella, non so. E, richiesto della ragione della sua presenza (il primo moto da parte del custode era stato di sospetto) rispose, mentre gettava un'occhiata tra vergognosa e avida, ai dorsi delle migliaia di volumi allineati negli alti scaffali; «Voglio un libro». E chiestogli quale fosse il libro desiderato, insistette nel «limitare» il suo desiderio («Un libro») e, insieme, estendendolo, allargandolo all'infinito. Gli eravamo intorno noi della biblioteca come ad un messaggero misterioso e impossibile (la Borgata Gordiani, la Garbatella), come a un profugo (esemplare) che dall'assedio dei fogli rosa sportivi, dei lucidissimi rotocalchi, dei variopinti e scomposti e stupidamente ottimistici western delle buste a trenta lire, s'era aperto un varco, un passaggio. Un varco; ma disperato inutile, come sprovveduto passero nel gelo, nell'orrore sacro di quella foresta di incunaboli, di cinquecentine, di in folio. Tanto che lo si consigliò di rivolgersi a qualche bibliotechina popolare (eravamo poi sicuri che esistesse?), di tentare altrove.
Ne sentii il passo spegnersi lungo la scala arcadicamente elegante. Il silenzio del salone dilagò nuovamente, sottolineato dal ticchettio discretissimo della Leica del professore di Cambridge che microfilmava alcune glosse euripidee.»
(Muzio Mazzocchi-Alemanni, Incunaboli e fumetti, p. 175-176).