Romano (1979c)

Fonte:
Lalla Romano, Una giovinezza inventata, Torino, Einaudi, 1979.

«Al liceo avevo scovato un piccolo libro, una cinquantina di pagine, che conteneva due poemi (in prosa) di Ibsen. Il primo titolo era un nome norvegese che mi suonò bellissimo: Terje Vigen. Cominciava: «Lontano, nel mare, sulla piú alta rocca, viveva un vecchio, amante della solitudine». Tanto bastava.
L'altro era intitolato In alto, titolo che ricordava Excelsior o La piccozza, cose che ritenevo ridicole; ma qui nulla mi pareva ridicolo. Frasi come «Io salgo verso l'immensità» mi suonavano esaltanti; e il finale: «Io non obbedisco piú che alla voce che mi comanda di vivere sulle cime delle Alpi. Per sempre ho abbandonato la vita della valle. Qui sopra con Dio e la libertà. Laggiú striscino pur gli altri!»
Nemmeno di questo parlai con Giovanni [Ermiglia, nel libro Oneglia], perché avrei dovuto confessargli che non avevo mai restituito il libretto alla biblioteca del liceo; non che mi rimordesse la coscienza – sentivo di avere il diritto di tenere per me il libretto – ma non volevo scandalizzare lui.»
(Lalla Romano, Una giovinezza inventata, p. 140).

«Quello che piú mi incantava in Maria [Marchesini] era la naturalezza nel parlare di argomenti tanto appassionanti, come di cose consuete. [...]
Si stupí moltissimo che non conoscessi Hedda Gabler [di Ibsen]. – È stata per noi un simbolo! – disse. Io conoscevo Casa di bambola, che non avevo ben capito; e il meraviglioso La donna del mare, senza contare lo smilzo libretto che avevo rubato dalla biblioteca del mio liceo. In quanto al fatale Peer Gynt l'avevo visto ormai, a teatro (con Giovanni).»
(ivi, p. 173-174).

«Al liceo scovai nella biblioteca un sottile libretto dal titolo Terje Vigen. Era un poemetto in prosa di Ibsen. Parlava di mare e di montagna, di solitudine e di libertà.
Lo considerai tanto «mio» che non lo restituii mai. Il nome privilegiato diventò Norvegia, e paesaggio il fjord: parola intraducibile, ardita come la prua della nave vichinga.
Col tempo, teatro e letture mi resero familiari Nora, Hedda e la misteriosa Ellida, la Donna del Mare. Mi identificavo con esse e le pensavo nei loro paesi, altrettanto emblematici che le loro stesse storie.»
(Lalla Romano, Un sogno del Nord, Torino, Einaudi, 1989, p. 5).

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