- Fonte:
- Giuseppe Prezzolini, Diario 1900-1941, Milano, Rusconi, 1978.
«Vento, sentieri e cime son simboli del nostro vivere libero, selvaggio, ribelle. Li cerchiamo nelle passeggiate che facciamo per i colli vicini a Firenze. [...] I cieli che ci coprono sono azzurri, perché scegliamo le giornate migliori, ma non ci fan paura quando le nuvole anneriscono l’orizzonte. Sturm und Drang, m’ha insegnato Papini. Questo cielo ci accompagna in biblioteca. Anche lì cerchiamo sentieri e non strade maestre. Fiori di campo ci piacciono più di quelli di giardino. Anche fra i libri: il rozzo, il sincero, il semplice. Meglio la cappella romanica di campagna che i duomi fastosi di città.».
(Giuseppe Prezzolini, Diario 1900-1941, p. 43-44. Appunto datato 1902, senza indicazione di giorno e mese)
«Riposo di biblioteche. Conosco le ore migliori.».
(Ivi, p. 46. Appunto datato Parigi 4 novembre 1902; a Parigi Prezzolini frequentò soprattutto la Bibliothèque nationale de France e la Bibliothèque Sainte-Geneviève)
«Dio non mi parla e il diavolo neppure, nemmeno in sogno, sebbene la provocazione ci sia con le mie letture su questo soggetto in biblioteca. [...] Studio Bergson.».
(Ibidem. Appunto datato Parigi 5 novembre 1902)
«In biblioteca la testa ha ceduto alla stanchezza e poi ho smarrito la cannuccia che porto sempre con me.».
(Ivi, p. 47. Appunto datato Parigi 6 novembre 1902)
«Oggi orgoglioso di aver capito [in biblioteca] tante pagine del Bergson, di aver scoperto Rickert e di aver penetrato Paulsen.».
(Ibidem. Appunto datato Parigi 8 novembre 1902)
«Più in là Papini potrà guadagnare molto, ma ora non so come faccia a campare, ed ha anche delle noie per il Crepuscolo con certe canaglie di Milanesi che non gli pagano le percentuali. Il posto dove stanno è bello, ma quando piove dev’esser molto triste. Troppo chiuso. Dalla loro situazione ora son venuto ad apprezzare tanto di più Dolores, che ha passato tanto tempo sola con me in quella non mai abbastanza maledetta Perugia, buco pieno di vespaccie rumorose e pungenti. Al contrasto con essa dobbiamo lo straordinario benessere di cui godiamo a Firenze, io per la comodità di biblioteche e di uomini, Dolores per le distrazioni, e tutti e due insieme per non dover sopportare più uno dei più pettegoli paesi. Il povero Croce era tempestato di lettere anonime che denunziavano le corna della sua Nella. Ma lui ci rideva sopra.».
(Ivi, p. 80. Appunto datato [Firenze] 24 ottobre 1907; il 19 marzo 1905 Prezzolini sposò a Milano Dolores Faconti e con lei visse a Perugia sino all’ottobre 1907)
«[Fortunato] Pintor molto serio e preciso, disse poche cose giustissime, senza mai animarsi. [Fedele] Baiocchi mi raccontava che era molto buono nella Scuola (Normale Superiore) di Pisa, ne parlavan come d’un santo. Ne ha la faccia, ossuta, e la calma della voce. È bibliotecario del Senato, della forse meglio organizzata biblioteca d’Italia. Non ci son che sette o otto senatori che ci vanno a studiare e lo trattan da amico. Dovrebbe esser senatore lui.».
(Ivi, p. 86-88. Appunto datato Firenze 9 settembre 1909)
«Stasera tremenda serata, mal di testa, il bimbo strilla, bisogna ninnarlo, appena in braccio sta zitto, se mi metto a sedere riapre la bocca per strillare. Vien voglia di strozzarlo – diceva [Giovanni] Amendola del suo. Ora però mi capita meno di rado il senso di dover abbandonar tutto questo. Mi ricordo d’esser passato a traverso questi momenti altre volte e mi calma. Passerà anche questa. Tornerà la voglia di scrivere e di lavorare e le belle giornate riempite da mattina a sera. Domattina andrò in biblioteca. Ma tutto questo tempo perso come mi pesa sul cuore. Quanto avrei potuto fare!».
(Ivi, p. 106. Appunto datato Firenze 1° marzo 1911)
«Come vorrei, alle volte, cacciarmi in biblioteca tutto il giorno, e la sera avere qualche libro di Vieusseux, e in casa riprender la vita d’un tempo, tra me e Dolores, facendo la cucina e tenendo la nota delle spese. Passerei quieto il tempo e la fantasia occupata. Leggerei storie e romanzi e poesia, curerei dei testi, farei delle ricerche, e ricostruirei la vita di qualche persona seria di cento anni fa, non potendo io essere serio.».
(Ivi, p. 110. Appunto datato Firenze 7 aprile 1911)
«Domani ho intenzione di riprendere lo studio in biblioteca. E comincio anche il russo, tra un anno devo essere in grado di conoscere abbastanza per tradurre.».
(Ivi, p. 123. Appunto datato Firenze 1911, senza indicazione di giorno e mese)
«Passato anche oggi senza fare nulla col solito vuoto e stanchezza interna. Mi sono riabbonato a «Vieusseux» con l’intento di trovare il Journal d’un Écrivain di Dostojewsky [sic] sul quale voglio fare un articolo, diverso da quello di Papini e di Gide. Dostojewsky mi appare in certi lati di piccolezza e di malignità che essi non vedono.».
(Ivi, p. 128. Appunto datato Firenze 14 marzo 1912)
«Arriva il capocronista del «Popolo» di Mussolini con ordini di fare un «grande servizio» sul terremoto di Avezzano ma senza soldi, senza automobile, senza telegrammi. Cose all’italiana, insomma.
Riesco a penetrare in un bucolino d’automobile, del «Resto del carlino», ma vado dove fa comodo ai padroni; e poi lavoro in biblioteca, come fa comodo a me, sul Lago del Fucino e le sue vicende tecniche capitalistiche e sociali, imparando moltissimo, e facendo quello che gli altri giornalisti italiani non hanno mai imparato a fare.».
(Ivi, p. 149. Appunto datato Roma 15 gennaio 1915; il riferimento è probabilmente alla biblioteca della Camera dei deputati)
«Passo giornate nella biblioteca del Ministero degli Esteri a leggere libri d’ogni sorta sulla Dalmazia per uno scritto che darà dispiacere al padrone del palazzo signor Sonnino; e sono contentone quando mi metto a sedere in una saletta, dove non viene mai nessuno. Mi par d’avere una bomba nella testa. Tommaseo, Catteneo, Mazzini, Modrich, Pisani, Wilkinson, Freeman, Roesler, Jackson... in tutte le lingue, di tutti i secoli, di ogni origine mi fan scoprire, ridere, e scribacchio in fretta i miei appunti sul mio taccuino.».
(Ivi, p. 154-155. Appunto datato Roma 12 aprile 1915; quell’anno Prezzolini pubblicò il volume La Dalmazia, Firenze, Libreria della Voce, 1915, nel quale auspicava un’intesa con gli slavi)
«Continuo nella Biblioteca Nazionale [di Firenze] le mie letture sulla Dalmazia. Son convinto di quel che dico, ma anche contento di far un dispetto a nazionalisti, imperialisti, gonfioni, superboni, ignorantoni nostrani.».
(Ivi, p. 155. Appunto datato Firenze 4 maggio 1915)
«Sono scosso. Non vedo chiaro. Mi sento disorientato. Non ho quasi nulla da fare. Ore di lavoro per me. Libri da varie biblioteche. Faccio persin ricerche nell’Archivio israelitico per una storia degli Ebrei durante il Risorgimento.».
(Ivi, p. 212. Appunto datato Vercelli 14 aprile 1916)