- Fonte:
- Eugenio Garin, Ricordi di ieri, un invito per oggi, «Antologia Vieusseux», n.s., a. 2, n. 3/4 (settembre 1995-aprile 1996), p. 5-7.
«Nella memoria, ed è ormai memoria di un periodo lungo e travagliato, il ricordo del Gabinetto Vieusseux si intreccia a tutte le vicende culturali che ho vissuto a Firenze dal '25 in poi. Ricordo che, poco dopo essermi iscritto alla Facoltà di lettere e filosofia dell'Università fiorentina, che da poco aveva preso il posto dell'Istituto di Studi Superiori pratici e di perfezionamento, ottenni di essere ammesso alla Biblioteca Filosofica allora diretta da Arrigo Levasti che conobbi così, e di cui rimasi amico fino alla morte, e, contemporaneamente, mi abbonai al Gabinetto Vieusseux. Mi pareva quasi un atto obbligato. Si era fra la fine del '25 e il principio del '26, in un momento cupo della vita nazionale. A Firenze, agli inizi di ottobre, le squadre fasciste avevano devastato studi di avvocati, bastonato e ucciso. Col '25 alla stampa era stato messo il bavaglio. Al principio del '26 la Biblioteca Filosofica, che allora aveva la sede in Piazza del Duomo, fu chiusa – e restò chiusa a lungo per una conferenza sulla libertà della cultura di Francesco De Sarlo, uno dei professori di filosofia dell'Università.
Per un ragazzo fresco di una 'maturità' faticosamente conquistata in anticipo, e ben deciso a laurearsi in filosofia, abbonarsi allora al Vieusseux non significava solo aprirsi alla possibilità di attingere a una biblioteca circolante d'eccezione, con la prospettiva di avere a casa e leggere in pace ogni sorta di libri. Era assicurarsi l'accesso, nei limiti del possibile, alla stampa europea: non solo alla consultazione di un deposito eccezionale di opere d'ogni genere uscite da più di un secolo in Italia e in Europa, ma alle 'novità' via via pubblicate dovunque. Era la possibilità di sfogarsi con un romanzo poliziesco inglese (ancora non erano 'gialli') come con una raccolta di versi francesi o tedeschi, col romanzo del giorno come con la biografia, col saggio o il libro di memorie di cui si parlava, con l'opera fresca di stampa come con gli autori di un secolo prima, italiani e no, che si scoprivano e che ci aiutavano a familiarizzarci con le lingue, che non imparavamo a parlare, ma alla cui lettura ci abituavamo.
Non so ricordare il Vieusseux senza ripensare alla 'biblioteca' di cui gli sono debitore, ai viaggi nel tempo e nello spazio che mi ha fatto fare, ai 'mondi' che mi ha reso familiari. La visita, prima al Palagio di Parte Guelfa e poi a Palazzo Strozzi, divenne quasi d'obbligo nel passare degli anni.
Certo il Gabinetto Vieusseux non fu solo questo. Col tempo scoprii sempre meglio il posto che nella cultura fiorentina dell'Ottocento, attraverso Firenze in tutta Italia, ebbe il Vieusseux. Capii come attraverso quei libri, quelle riviste che ancora potevo consultare, attraverso la circolazione di quelle carte, si era costruita una rete di rapporti e di interessi che aveva alimentato collaborazioni e ricerche altrimenti impensabili. Scoprii nelle mie ricerche curiose fra le carte della Biblioteca Nazionale dei grandi amici e collaboratori di Vieusseux un dialogo singolare che rendeva ragione della funzione di Firenze nella cultura e nel dibattito europeo fra Ottocento e Novecento.».
(Eugenio Garin, Ricordi di ieri, un invito per oggi, p. 5-7).