- Fonte:
- Luigi Meneghello, I piccoli maestri: romanzo, Milano, Feltrinelli, 1964.
«È strano pensandoci, che non mi ricordi piú come apprendessimo invece la caduta del regime; eppure dovrebbe essere un ricordo-base. Invece niente. [...] Ad ogni modo noi eravamo disorientati: nell'attimo in cui il regime si squagliava come i rifiuti superficiali di un letamaio sotto l’acquazzone, diventava chiaro che la cosa era ormai di poco conto: ciò che contava era la confusione in cui restavamo, la guerra, gli alleati-nemici, i nemici-alleati.
Io e Lelio andammo alla bibliotechina di Tarquinia a cambiare i libri. C’era un ritratto del Re Imperatore in mezzo al muro, a sinistra un ritratto di D’Annunzio, dall’altra parte un riquadro sbiancato, nel posto dov’era stato il Duce. Lelio montò su una sedia, tirò giú il Re Imperatore e lo appoggiò al muro, per terra; poi allungò le mani per prendere D’Annunzio. La signora bibliotecaria arrossí violentemente e disse: "Eh no, perbacco, quello no: quello è D’Annunzio!". Lelio disse: "Appunto", e lo mise al muro vicino al suo Re. La bibliotecaria stava per mettersi a piangere, mormorava: "Ma è il poeta della terza Italia", o quarta che fosse, adesso non mi ricordo. Ma noi inflessibilmente li passammo tutti e due per le scarpe, poi Lelio si mise a guardare il crocifisso che era restato solo sopra ai tre riquadri sbiancati. La bibliotecaria si sbiancò anche lei come i riquadri, ma dopo un po’ Lelio distolse lo sguardo dal crocifisso, e la bibliotecaria ridiventò rossa, e ci cambiò i libri. Mancava il verde.»
(Luigi Meneghello, I piccoli maestri, p. 28-29. Le edizioni più recenti presentano numerose piccole varianti).