- Fonte:
- Giuseppe Donati, Faenza, «La voce», 1, n. 50 (30 dic. 1909), p. 209-211.
«La Biblioteca comunale, prima fra le otto consorelle faentine, è per la sua importanza la maggiore e la peggiore. Il suo catalogo supera, se non erro, i ventimila volumi, e fino all’anno 1880 circa è abbastanza al corrente delle principali pubblicazioni. Il suo primo nucleo è formato da eredità di preti dotti già bibliotecari e bibliofili e dalle biblioteche soppresse dei conventi. Vi prevalgono quindi i libri di Teologia, Filosofia Scolastica, Diritto Canonico, Patristica, Miscellanee religiose, ecc. Abbondano anche i libri di letteratura classica: completa è la raccolta degli autori latini e numerosa quella degli italiani: scarse le opere greche e più scarse ancora le francesi. Il predecessore dell’attuale bibliotecario, D. Gian Marcello Valgimigli, per comporre le sue Memorie storiche Faentine raccolse un rilevante materiale di opere storiche che alle volte pagò di suo, essendo il sussidio comunale scarsissimo. Al presente la decadenza della Biblioteca è al suo colmo. Da vent’anni e più le deficienze si sono moltiplicate, e non c’è fama di scrittore o di opera che possa dire di averne vinto l’inerzia. La Comunale non può dare sussidio alcuno di recente cultura perchè le opere mancano letteralmente tutte. Vogliano i miei lettori ricordarsi di quel che l’Anzillotti disse della Labronica scrivendo di Livorno su queste stesse colonne, e credano che è poco scrivere così amaramente della Comunale Faentina: basterà il dire che non è possibile leggere tutte le opere del Carducci. Ma che dico tutte? quando neppure la parte più rilevante è possibile avere: giacchè oltre ai tre primi volumi di poesia e ai due di prose editi la prima volta dal Zanichelli, pochi altri scritti si trovano sparsi in giornali o riviste. Ora, se questo è del legno secco, che sarà del verde? E va detto ad onor del vero che contro questo stato di cose si sono mosse lagnanze, ma nessuno ha pensato davvero a riparare alla meglio e dove fosse possibile questa scandalosa deficienza. Alla quale hanno concorso tre fatti principali, la mancanza dei mezzi pecuniari, l’imperizia direttiva e la cresciuta attività libraria. Non fa meraviglia quindi se il numero dei frequentatori è limitatissimo: ed io credo che la media di sei lettori al giorno superi alquanto la realtà. Vi convengono i pochi assidui della Nuova Antologia, che insieme alla Rassegna nazionale e alla spessissimo intatta Revue de deux Mondes è l’unico mezzo fornitoci dal Municipio per stare al corrente di quel che si fa e si dice nel mondo intellettuale. Gli studenti del Liceo vi si danno alle volte convegno, se si tratta specialmente di tradurre del latino. Qualche volta vi capita una rara avis di studioso il quale, se non è corazzato di pazienza, vi si trova assai male per la tristissima organizzazione interna e per quell’inservibile antico catalogo elementare. E credo che basti questo po’ po’ di roba e che io possa dispensarmi dal fare deduzioni a proposito della cultura rispetto alla Biblioteca. Senonchè ogni male non vien per nuocere, dovendosi a questa deficienza il sorgere di iniziative private, quali il Circolo di lettura e il Gabinetto di lettura.
(Giuseppe Donati, Faenza, «La voce», 1, n. 50 (30 dic. 1909), p. 209-211: 210).