- Fonte:
- Gianfranco Contini, Amicizie, a cura di Vanni Scheiwiller, Milano, Libri Scheiwiller, 1991.
«Una cartolina postale francese segnò l'inizio della più rara simbiosi a cui la sorte benigna mi espose. Era un individuo d'una coppia scambiata, durante la scorsa guerra, fra due iranisti, residenti l'uno a Friburgo in Svizzera l'altro pro tempore dalle parti di Lione, che a prima vista (e ciò valga anche innocuamente per la più occhiuta censura) discutevano l'interpretazione di un passo in lingua pahlavī (il medio persiano, lingua dello zoroastrismo). Decrittate, le due cartoline contenevano indicazioni circa il passaggio della frontiera franco-svizzera per via di contrabbandieri. Era il momento in cui i Tedeschi, che da principio avevano occupato solo la parte della Francia a nord di Vichy, si accingevano a irrompere nell'altra metà, [...] dando fra l'altro la caccia agli israeliti (quali erano nella specie i due corrispondenti). L'ospitante era il padre domenicano Pierre de Menasce (ebreo ungherese d'Egitto, ovviamente convertito), l'esule era Émile Benveniste, il grande linguista delle Hautes-Études e del Collège de France [...]. Ecco dunque dietro la cartolina sorgere a Friburgo, e restarvi fino alla liberazione di Parigi, uno dei genî della linguistica di questo secolo [...].
Fui aiutato dalla circostanza che un amico, notabile della città, si era trasferito in una rustico-sontuosa villa di campagna, alloggiando Benveniste nella sua pristina casa perfettamente arredata, a distanza di due dalla mia, su un grande viale periferico. [...] L'appartamento era luminoso, piacevolmente ammobiliato e fornito anche di una simpatica bibliotechina francese (oltre al resto, il padron di casa, pro tempore direttore della Biblioteca Cantonale, era francese per parte di madre) [...].
Passavamo gran parte della giornata alla Biblioteca, dove Benveniste, per quel che potevo vedere, accumulava schede e appunti, non so anche se redigesse (si rifiutava alla macchina da scrivere): veniva preparando le grandi opere di dopo la guerra, di dove gli sarebbe venuta una gloria travolgente.»
(Gianfranco Contini, Émile Benveniste, «Leggere», 1 (1988), n. 7, p. 28-29; poi in Amicizie, p. 141-147: 141-143).