- Fonte:
- Rossana Rossanda, La ragazza del secolo scorso, Torino, Einaudi, 2005.
«Non so chi mi disse: Ma [Antonio] Banfi è comunista. Ero cosí fuori di me che puntai dritto su di lui fra un esame e l'altro. Se ne stava in sala professori, appoggiato al termosifone freddo accanto alla finestra. «Mi hanno detto che lei è comunista». Mi guardò, mi aveva fatto già due esami, dovette concludere che ero quel che parevo, una in cerca di bussola, che non percepiva neppure il senso mortale di certe parole. «Che cosa cerca?» Gli dissi dei volantini che finora avevo visto, della confusione, del non sapere. Si staccò dal termosifone, andò alla scrivania e su un foglietto scrisse una lista nella sua grafia minuta. «Legga questi libri, – mi disse, – quando li avrà letti torni». Uscii, corsi alle Ferrovie nord, in treno apersi il foglietto. C'era scritto: Harold Laski, La libertà nello stato moderno e Harold Laski, Democrazia in crisi; K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte e K. Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850. Un libro di De Ruggiero, mi pare. Lenin, Stato e rivoluzione. «Di S. [Stalin] quel che trova».
Restai pietrificata. Era comunista, proprio comunista. Bolscevico. [...] Scesi a Como, andai alla biblioteca comunale. C'era un addetto non piú giovane, gentile. Gli tesi il foglietto. «Guardi nell'ultimo cassetto, – mi disse, – quello che non ha etichetta». Mi avviai al vecchio classificatore dai cassetti quadrati. In fondo, in basso, ce n'era uno in bianco, come fosse ancora da riempire. Tirai verso di me. Era pieno. In ordine. Trovai tutto, anche un K. Marx, Il capitale delle edizioni Avanti!, copertina di tela e una piuma rossa – o era una bandiera – sbiadita. Di S. non trovai niente. Sull'Urss c'era un libro di viaggi d'un ingegnere. Compilai le schede e il bibliotecario mi portò i testi. «Li posso portare a casa?» Annuí. Non ci dicemmo niente. [...]
A casa lessi tutta la notte, un giorno, due giorni. Non andai a Milano. Come rientrava, Mimma mi prendeva di mano gli stessi libri. Papà e mamma non chiesero che cosa leggessimo, non chiedevano mai. Da Laski saltai al 18 brumaio e da questo a Stato e rivoluzione. Mi venne la febbre, macigni interi cui ero passata accanto andavano a un loro posto, non potevo piú fare come se non ci fossero o fossero fatali. [...]
Lessi tutto, qualcosa rilessi. Solo Il capitale mi cadde dalle mani, come non fosse il piú urgente. [...]
Tornai a Milano, filai da Banfi. «Ho letto». Tutto? Annuii. Che cosa devo fare? Mi dette un nome, una signora, una professoressa di Como. Vi andai, mi aspettava. [...]
Non avevo sognato avventure, volevo passare la vita in biblioteca. E ora stavo in un'avventura di molti, accettando di fare e andare dove mi era detto.»
(Rossana Rossanda, La ragazza del secolo scorso, p. 73-75, 78. L'episodio si colloca nell'autunno 1943).