- Fonte:
- Emanuele Trevi, Senza verso: un'estate a Roma, Roma-Bari, Laterza, 2004.
«Durante le ore più calde del giorno, se avevo la forza necessaria a staccarmi dal letto e dai miei pensieri, che spesso assumevano l'aspetto di paranoie ritmiche e regolarmente cadenzate per interi pomeriggi, me ne stavo spesso alla Biblioteca Nazionale, dove il tempo scorreva silenzioso e l'aria condizionata filava a gonfie vele fino alle sette di sera. L'unico problema era attraversare lo spazio desertico, accecante e infuocato, tra il parcheggio e l'edificio della biblioteca. Più di una volta, procedendo in uno stato di assoluto torpore, mi sono imbattuto in un capannello di persone che soccorreva qualcuno che non ce l'aveva fatta, crollando semisvenuto anche a pochi passi dalle porte a vetro automatiche dell'entrata.
Molta gente, come me, andava lì solo per godersi il fresco, sfogliare distrattamente qualcuno dei libri in esposizione, schiacciare un pisolino nella posizione più dignitosa possibile.
Dopo qualche giorno, mi era venuto in mente di fare delle ricerche, sia sul dio Mitra che sui sotterranei di San Clemente. Sfogliavo i due grossi volumi della massima autorità m materia, l'opera di François Cumont, professore all'università di Leida [ma Gand] e massimo esperto di astrologia e scienze occulte antiche, intitolata Textes et monuments figurés relatifs aux mystères de Mithra, pubblicata a Parigi [ma Bruxelles] tra il 1896 e il 1899. Mi aveva incuriosito, leggendo l'indice topografico alla fine dell'opera, stampata in carta pesante e piena di centinaia di illustrazioni, il numero di bassorilievi e iscrizioni che erano venuti fuori, nel corso del tempo, proprio nella zona che va da piazza Dante a piazza San Giovanni. Una concentrazione di immagini veramente sbalorditiva di questo dio persiano sempre coperto dal suo berretto frigio, sia che emerga dalla Pietra Genitrice, perché il dio fu partorito da una roccia, sia che uccida il Toro. È questa la scena fondamentale dell'arte ispirata a Mitra, l'uccisione del Toro Primordiale, e la si vede anche sulla facciata di Villa Massimo, tra i tanti bassorilievi antichi murati lì dal primo proprietrio, come anche al centro del Mitreo di San Clemente, su una faccia di un cippo quadrangolare [...].»
(Emanuele Trevi, Senza verso: un'estate a Roma, p. 65-66).