- Fonte:
- Rino Pensato, "E v’han libri d'ogni grado / D'ogni forma, d'ogni età": una visione dongiovannesca nel rapporto di Carlo Ginzburg con libri e biblioteche, «Biblioteche oggi», 13 (1995), n. 8, p. 42-47.
«Ricordi il tuo primo incontro con la biblioteca?
Vengo da una famiglia che per mestiere, per lavoro, aveva a che fare con i libri. In realtà mi sono trovato a crescere in mezzo ai libri. La mia familiarità con i libri affonda [le] sue radici nell'infanzia, quasi. Anche quando eravamo al confino, quindi nel periodo al quale risalgono i miei ricordi primi – eravamo vicino all'Aquila –, avevamo a disposizione un nucleo di libri, probabilmente non molti. Poi, della casa di Torino, ricordo i libri di mio padre, che adesso sono in parte nella mia biblioteca, e quelli di mia madre; quindi c'è questo elemento, diciamo, di continuità familiare, come uno che fa il falegname in un ambiente di falegnami. Cercando di ricordare invece la prima biblioteca pubblica in cui sono entrato, probabilmente al liceo mi sarà capitato di andare una volta, ma per un momento, alla Biblioteca nazionale, a Roma. Ma il momento in cui ho veramente cominciato a usare i libri non è stato al liceo, bensì all'università. Diciamo la verità, una volta non si usava tanto fare ricerche in biblioteca, io credo di non averne mai fatte, quindi è stato proprio all'università, cioè a Pisa, che ho cominciato a frequentare le biblioteche e si trattava pertanto di biblioteche pisane, la Biblioteca della Scuola normale, e la Biblioteca universitaria.
[...] Che cosa si aspetta Carlo Ginzburg dalle biblioteche e in particolare da quelle di ricerca?
Devo dire che ho una esperienza varia di biblioteche, come è abbastanza ovvio per uno che fa il mio mestiere e, dato che negli ultimi anni ho insegnato per sei mesi all'anno a Los Angeles, e già prima, da alcuni anni, mi era capitato di recarmi in America, ho un'esperienza abbastanza continuata anche di biblioteche americane. In fatto di biblioteche i miei gusti sono estremamente larghi, nel senso che, ad esempio, io che pure ho grande riluttanza nei confronti di tutto quel che è tecnologia – sono, per dirne una, un pessimo guidatore di automobili – ho imparato ad apprezzare le delizie del catalogo computerizzato di Ucla, un sistema che si chiama Orion. Nello stesso tempo mi sono battuto, perdendo la mia battaglia, per la conservazione del catalogo a schede: vi si trovano delle informazioni che pare siano andate distrutte. Una volta uno studente mi ha spiegato, cosa magari banalissima, che un catalogo computerizzato, specialmente se usato in modo improprio, permette di ottenere dal computer risposte che in teoria esso non sarebbe in grado di dare, e allora trovo che la combinazione di catalogo computerizzato e accesso diretto ai libri ("open stacks library") sia formidabile: è una cosa che fa progredire la ricerca con una velocità straordinaria, è come avere lo stivale delle sette leghe. Nello stesso tempo io amo moltissimo una biblioteca come l'Angelica, in cui c'è, perché lì per fortuna l'han tenuto, quel magnifico catalogo settecentesco e una classificazione per materie di per sé straordinaria, che indubbiamente non potrebbe essere sostituita se non con un danno, cioè con una perdita di informazioni, da una sistemazione di carattere diverso. Io in qualche modo sarei per conservare tutte le sistemazioni, nel senso che conserverei tutti gli stadi storici della catalogazione e della classificazione dei libri nelle biblioteche, trovando, beninteso, dei compromessi a livello pratico. Qualche volta ho l'impressione che il progresso tecnologico tenda a far fare dei passi avanti, ma anche a perdere delle informazioni. Vorrei far osservare una cosa curiosa: da tempo, direi da sempre, o forse dai tempi di Aristotele, che pure padroneggiava apparentemente tutto lo scibile, c'è una sproporzione fra il singolo ricercatore e la massa delle informazioni. All'entrata di ogni biblioteca dovrebbe essere scritto: "Ars longa, vita brevis". Si tratta di una sproporzione necessaria. [...]
Esiste la biblioteca "ideale" di Carlo Ginzburg?
La biblioteca ideale per me rimane la British Library, certo nella sua forma attuale destinata a scomparire, quella forma straordinaria – è un peccato che si perda – la cui forza è rappresentata dai suoi cataloghi straordinari. In America, una biblioteca che amo particolarmente, che ha, tra l'altro, il vantaggio degli "open stacks", è una biblioteca dell'Università di Chicago, la "Joseph Regenstein". Anche quella di Ucla, dove sono abituato a lavorare, è una biblioteca eccellente.
Sbaglio, o ti piacciono le biblioteche di grandi dimensioni?
[...] Ho una visione, starei per dire dongiovannesca delle biblioteche, perché in fondo, come a Don Giovanni piacevano tutte le donne, a me piacciono tutte le biblioteche, nel senso che anche la biblioteca più brutta ha degli elementi di fascino e può riserbare una prospettiva di ricerca imprevedibile, un incontro con un libro che non si conosce.
Quali sono gli elementi che ti creano disturbo, delusione nelle biblioteche italiane?
Molto semplice: la maleducazione dei lettori, molto diffusa, e la maleducazione, certo molto più rara, o la scarsa collaborazione dei bibliotecari. Capita ancora di incontrare dei bibliotecari che vedono i lettori come scocciatori; mi pare di poter dire che negli archivi italiani questo non succede.
Cosa ti piace di più nelle biblioteche americane?
Gli scaffali aperti sono una grande risorsa, solo in parte sostituiti in Italia dalle sale di consultazione, che sono un'altra cosa. Ad esempio la Biblioteca Vaticana aveva una bellissima sala di consultazione, ce l'ha ancora, ma gli eccessivi "svecchiamenti", secondo l'idea in parte erronea che i libri più recenti sostituiscano i vecchi, purtroppo tendono a peggiorare la qualità dei vecchi apparati di consultazione. Maggior rispetto per i libri, scaffale aperto e cataloghi computerizzati, questi tre elementi combinati insieme in parte giustificano la buona fama delle biblioteche americane.»
(Rino Pensato, "E v’han libri d'ogni grado / D'ogni forma, d'ogni età", p. 42-45).
Carlo Ginzburg ha approfondito l'esperienza di utente della UCLA Library di Los Angeles e del suo catalogo nel saggio: Conversare con Orion, «Quaderni storici», 36, n. 3 (dicembre 2001), p. 905-913.