Non tacere
La storia della Scuola 725 rimane nella memoria e continua a suscitare interesse. Nel 2007- 2008 Fabio Grimaldi gira il film documentario “Non Tacere” e riunisce alcuni allievi della scuola con Don Roberto e i suoi collaboratori per rievocare e ripensare quegli anni e quella esperienza. Questo incontro fa nascere in molti la voglia di impegnarsi nuovamente e, a quarant'anni di distanza dalla prima lettera al sindaco, si decide di scrivere una nuova lettera dal titolo: “Per continuare a Non Tacere, contributo per un rinnovato governo della città” che affronta i temi dell’emarginazione, delle nuove povertà, della partecipazione democratica e del bene comune. Il documentario e la lettera vengono diffusi e discussi in numerosi incontri presso scuole e associazioni del territorio e si dà vita a numerosi progetti di formazione, di ricerca e di documentazione.
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Titolo: Non Tacere Autore: Fabio Grimaldi Anno di produzione: 2007 Abstract: Il documentario racconta la storia di vita di Don Roberto Sardelli e le vicende a dir poco straordinarie della scuola 725, che egli fondò nel 1968 a Roma tra i baraccati dell’ “Acquedotto Felice”. Il prete andò a vivere in quel luogo di emarginazione condividendo problemi e speranze degli abitanti della periferia romana. |
Materiale aggiuntivo
L'archivio dell'intera esperienza della Scuola 725 è conservato presso la Biblioteca Raffaello a Roma.
Sul presente sito è possibile visualizzare e scaricare il materiale della Scuola 725 da questa pagina.
Scuola 725: per continuare a “Non Tacere”
Contributo per un rinnovato governo della città da parte dei ragazzi della “Scuola 725”: don Roberto Sardelli ed alcuni collaboratori
PREMESSA
Chi siamo
1 – Sul finire del 1968 accadde un fatto strano che segnò una svolta nella nostra vita.
Abitavamo nelle baracche dell’acquedotto Felice, un tugurio di miseria dove viveva un’umanità che le istituzioni e i cittadini avevano lasciato fuori dalle mura della città.
2- Era piovoso e freddo quello scorcio del 1968 e sotto gli archi dell’Acquedotto annottava anzitempo.
Ci si preparava, ancora una volta, ad affrontare l’inverno, illudendosi di aver trovato una carta catramata che, stesa sui tetti, ci avrebbe riparato dalla pioggia durante le lunghe e paurose notti di temporale.
Non c’era elettricità né acqua che, pur copiosa passava sulle nostre teste.
Con pesanti cucine economiche di ghisa, alimentate con legna scartata nei cantieri edili, dove lavoravano i nostri padri, tentavamo di asciugare l’umidità onnipresente, che torturava le nostre ossa e i nostri polmoni.
Unico rimedio ai dolori, che ci tenevano svegli per nottate intere, era la Nisidina.
3 – Eravamo ragazze e ragazzi: mentre alcuni frequentavano la scuola pubblica, altri erano già sul mercato del lavoro e, espropriati della loro età e della scuola, facevano l’esperienza dello sfruttamento.
Il più grande aveva quattordici anni.
La città era assente.
Noi, spinti dai genitori, frequentavamo la scuola, ma molti, classificati “caratteriali”, finivano nelle classi “differenziali”; tutti, a causa delle condizioni in cui vivevamo, giornalmente subivamo offese ed espliciti inviti a lasciare la scuola.
Qui si pronunciavano parole che ferivano la nostra anima: chinavamo il capo e pensavamo che in quelle aule non sarebbe mai entrata la nostra vita.
Vi avevano diritto di cittadinanza, invece, nozioni astratte, libri di testo stantii, privi di realismo e di tensioni liberatrici. […]
Noi siamo qui
17 – Noi non abbiamo dimenticato la nostra storia che è un capitale vivo. E proprio dalla nostra esperienza in questa prima decade del 2000, irta di difficoltà e di contraddizioni, ci rivolgiamo ai cittadini e alla istituzioni della città, per manifestare loro le nostre preoccupazioni e per aprire un dibattito che avvii un processo di rinnovamento della Politica e della Cultura.
I 35 anni trascorsi dalle lotte dell’Acquedotto Felice non hanno scalfito la nostra sensibilità per i problemi della città in cui viviamo.
Tra noi non ci sono nomi altisonanti o rappresentativi dei poteri forti o di “nobili natali”, ma operai, impiegati, insegnanti, piccoli imprenditori edili, militanti nel sindacato, nella cooperazione, nel volontariato…
18 – Siamo consapevoli delle difficoltà cui deve far fronte il governo locale: il suo impegno, pur meritorio, in questi ultimi anni ha dovuto dispiegarsi in concomitanza con la visione aziendale del governo del Paese.
Tale apprezzamento, tuttavia, non ci esime dal dovere di rilevare alcuni vuoti, nella certezza che l’esercizio sereno e lucido della coscienza critica corrobora la politica ed è linfa della democrazia.
La politica deve essere fatta dal popolo
19 – Questa fu l’affermazione intorno alla quale ruotava tutto lo sviluppo della “Lettera al sindaco” del 1970.
Oggi la riproponiamo e la attualizziamo, in tutta la sua semplicità, con maggiore urgenza, perché ci sembra veramente che la base sociale sia stata fatta fuori, per ricordarsene solo ad ogni scadenza elettorale.
20 – L’azione politica deve essere esercitata in riferimento al popolo e al bene collettivo, autentico e concreto.
Lo svolgimento dell’azione politica non può essere guidato da interessi corporativi.
Non abbiamo bisogno inoltre di intellettuali e tecnici che esercitano un potere autoreferenziale, non si pongono in funzione di servizio verso il popolo e ne ignorano i bisogni e le sofferenze.
Quando la loro autorità è priva di autorevolezza, degenera in arroganza e arbitrio e la democrazia langue.
Questa è la coerenza che chiediamo.
21 – Quando diciamo “popolo” non parliamo di qualcosa di amorfo, soggetto all’irrazionalità, ma parliamo di una comunità capace di guardare alla realtà circostante con gli occhi delle vittime, degli ultimi.
22 – Quando diciamo “Politica” non intendiamo solo una somma di cose da “fare”.
Se “Politica” è solo questo, si cade nella rete del pragmatismo e dell’empiria, si viene privati delle visioni e dei sogni che sono parte costitutiva nella nostra natura “We dream”.
“Politica” per noi è progetto, ci parla del rapporto che l’uomo deve avere con se stesso, con gli altri tra cui vive, con l’ambiente in cui cresce. “Politica” è sogno di ciò che sarà, ma che comincia già ad essere ora.
Se “Politica” è tutto questo, l’uomo è dentro la “Politica”, ne è come avvolto e ne costituisce l’anima e, allo stesso tempo, ne è artefice.
In questo senso la “Politica” non può essere delegata, perché è proprietà inalienabile dell’uomo.
Ecco perché crediamo che la “Politica” deve essere fatta dall’uomo.
L’uomo fuori della “Politica” è un non-uomo, non è un “cittadino vero”.(Aristotele).
Per superare un tale rischio e rinnovare la politica si rende urgente una spinta etica in più, occorre un supplemento di anima che può essere fornito da chi vive nel disagio e nell’indigenza e da tutti coloro che concretamente se ne fanno carico e ne condividono la visione.
23 – La nostra esperienza ci dice che se ci fermiamo a guardare la superficie dei comportamenti, vediamo intorno a noi il dominio delle apparenze che sono tracimate in ogni direzione. È quello che si nota nelle scuole, tra i giovani, nei luoghi di lavoro e nel divertimento.
Ma se scendiamo in profondità, nel cuore della gente, li troveremo, nascosti, i semi di una vita più autentica legata ai grandi valori dell’esistenza, ma perché germoglino occorre creare i luoghi del ragionamento e dotarsi degli strumenti della riflessione.
Il frastuono, la frenesia, la seduzione delle vetrine sono i nostri nemici, sono la grancassa di un sistema che vuole alienare l’uomo da se stesso.
È qui che la cultura deve darsi un nome nuovo: “Politica”.
E la “Politica” deve impedire che le radici superficiali si interrino ed erodano la coscienza dei cittadini.
Il processo di riforma della “Politica” o parte dal basso o non sarà.
Non abbiamo bisogno, né si vedono all’orizzonte capi carismatici.
Questo è il cantiere che dobbiamo aprire. Il lavoro che vi svolgeremo sarà poco appariscente, avrà tempi lunghi e sarà difficile, conoscerà passaggi irti di difficoltà, profonde lacerazioni e risentimenti. Sarà come partorire.
La riforma possibile
24 – La situazione Politica-partiti e schieramenti connessi, a conclusione di un ciclo storico connotato da forti divisioni, si è talmente deteriorata che oggi bisogna porre mano ad una grande Riforma culturale partendo dalla base. La convinzione che i partiti siano l’unico strumento della democrazia, non è più sufficiente a sostenere la democrazia stessa. In questa fase rigenerativa, oltre ai partiti, bisogna porre attenzione ai movimenti spontanei, legati alle vicende di una stagione o ai tempi dell’esistenza, alla individualità dei sentimenti che occorre politicizzare, a un mondo oggettivo da soggettivare. La politica deve porre ascolto a queste voci, deve portarle a sintesi e tradurle in norme di saggezza.
È un lavoro che richiede di trascorrere più tempo tra la gente e meno tempo nel chiuso. Le riforme verticistiche non hanno futuro. Intanto nell’assenza del nuovo, intravediamo il trionfo dell’ideologia della non- ideologia.
È come cadere dalla padella sulla brace.
25 – Partire dai governi locali in tutte le sue articolazioni di base è il passaggio principe di ogni autentica Riforma. Tutti i passaggi innovativi vanno discussi con i cittadini.
Intanto noi proponiamo di dare alla parola Riforma quella forza che ha in sé: Riforma= Ri-dare-anima, che è la “forma” del corpo, nel nostro caso, “forma” del corpo sociale.
26 – Platone annoverò tra le sue attività quella di essere consigliere dell’uomo di governo. Noi non siamo Platone. Né vogliamo che tale ruolo possa essere ricoperto dagli intellettuali di grido, dal personale di gabinetto, da anonimi tecnici ed esperti, costosi consulenti pescati nell’ambito delle clientele.
Noi, dal basso della vita quotidiana, vogliamo partecipare al governo locale, forti della comune esperienza, delle tensioni e delle speranze che vi si condensano. Solo così può rinascere la Politica.
Un bicchiere che va svuotandosi
27 – Il traffico, la violenza, il degrado ambientale, l’emergenza casa, il lavoro e la precarietà, la scuola sono problemi che ci stanno a cuore. La loro soluzione invera i valori della nostra Carta Costituzionale.
Tuttavia ci sono dei temi valoriali per i quali un governo si distingue da un altro e ne costituiscono la diversità politica. È proprio di questi temi che vogliamo parlare perché il bicchiere dei valori, in questi ultimi anni, si va pericolosamente svuotando.
28 – Purtroppo il progetto in atto è creare un popolo di omologati.
Ed allora eccoci qui a discutere di alcuni valori pericolosamente sottaciuti e che, una volta riportati in auge, potrebbero rimettere in movimento il processo della riforma morale e culturale. Noi soffrimmo per la mancanza di una casa e lottammo per averla, ma nella scuola 725 imparammo anche che la Politica, la democrazia, la cultura, la fratellanza sono valori senza i quali la vita non ha senso.
Senza questi valori universali tutto crolla e anneghiamo nelle illusioni.
29 – Ci soffermeremo ,quindi,su tre punti. Non partiremo da ciò che è elaborato al chiuso delle oligarchie politico-intellettuali, ma da ciò che sperimentiamo vivendo tra la gente.
Siamo allarmati per la Democrazia, per la Cultura e per i Migranti. Spesso, nei programmi dei governi locali italiani, si danno per scontati tali valori. Si dimentica che essi vanno affrontati giorno per giorno, generazione per generazione e calati nella coscienza dei ragazzi con una pedagogia soffusa, testimoniata e monitorata, altrimenti ci troveremo davanti a dei vuoti che, alla fine, pagheremo a caro prezzo.
Gli sforzi generosi e tenaci, la buona volontà dei singoli nella scuola e nel volontariato non sono sufficienti se manca l’impegno delle istituzioni.
Occorre un lavoro di squadra. […]
I ragazzi della “Scuola 725”: don Roberto Sardelli ed alcuni collaboratori