Il perdono di Assisi
print this pageTECNICA: Olio su tela
DIMENSIONI: cm 427x236
DATA: 1574-1576
Si tratta della pala d’altare per la chiesa di San Francesco, in pieno centro ad Urbino. Giovan Pietro Bellori, biografo dell’artista urbinate, scrisse che il Barocci impiegò sette anni per l’esecuzione di questa grande opera, ma esistono prove documentarie del fatto che l’artista si dedicò al dipinto più precisamente negli anni 1574 – 1576. Alcuni documenti, inoltre, indicano che i frati di San Francesco, in data 17 maggio 1575, pagavano l’affitto per una stanza, che si trovava sopra la chiesa di Sant’Antonio Abate, utilizzata dal Barocci “per servitio de’ detti frati”. Secondo il “Libro delle Notizie del Convento di San Francesco”, il dipinto fu commissionato da Nicolò Ventura detto il Fattore, che pagò la cifra di “scudi cento moneta ducale” e al quale si deve la sostituzione della figura di santa Chiara, presente nel bozzetto della Galleria Nazionale delle Marche, con san Nicola di Bari.
Sotto il pontificato del francescano Pio V (1566-1572), si diede inizio ai lavori per edificare la basilica della Porziuncola, a partire dalla primitiva cappella. Il francescanesimo ebbe quindi rinnovata diffusione, anche ad Urbino, e il Barocci, con questa pala d’altare, confermò il suo profondo interesse per la spiritualità francescana e per i temi ad essa correlati. Tra Cinquecento e Seicento san Francesco tornò con ulteriore forza ad essere il simbolo di una diretta e personale comunicazione con Dio e le immagini del Perdono e delle Stimmate esprimono momenti di intensa partecipazione del santo alla passione e alla morte di Cristo.
Del “Perdono” Barocci eseguì anche una versione ad acquaforte e bulino (1581), oggi conservata al Gabinetto Disegni e Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, da cui deriva un’altra incisione a bulino, opera di Francesco Villamena (1588 - Roma, Istituto Nazionale della Grafica). Grazie alla cospicua presenza di disegni preparatori giunti fino a noi, è possibile ricostruire le fasi ideative dell’opera in oggetto, che, nei progetti iniziali, aveva un’impostazione diversa: il Cristo e i due santi apparivano a san Francesco inginocchiato di fianco. Successivamente il Barocci scelse l’attuale struttura verticale, dove la figura di san Francesco deriva direttamente dal san Giovanni della “Crocifissione” Bonarelli della Rovere (Urbino - Oratorio della Morte) e mostra, inoltre, forti affinità con il san Francesco posto ai piedi della celebre “Madonna di Foligno” di Raffaello. Tutta l’attenzione, però, è fissata dall’artista sulla figura di Gesù, che suggerisce un riferimento al Cristo della “Resurrezione” di Tiziano, oggi conservata nella Galleria Nazionale delle Marche, che Barocci aveva sicuramente potuto ammirare nella chiesa del Corpus Domini di Urbino, dove originariamente si trovava.
Da notare, inoltre, la testa di san Francesco, realizzata minuziosamente di tre quarti e verso l’alto e dipinta su carta incollata poi sulla tela, al fine di ottenere un effetto di maggiore finezza e di assoluta e calcolata nitidezza.