Padova, Monumenti a Livio
print this pageDal monastero di S.Giustina proveniva un’iscrizione sepolcrale, relativa al liberto Titus Livius Halys, che fu erroneamente ricondotta allo storiografo latino fin dalla sua scoperta, forse nella seconda metà del Duecento, plausibilmente per opera di Lovato dei Lovati, seguito da Albertino Mussato, entrambi fautori di una tradizione tenace e duratura, tale da sopravvivere fino al Seicento avanzato. Alla metà del secolo XIV, forse in seguito all’intervento diretto di Francesco Petrarca, che accettò senza riserve l’identificazione del monumento, l’epigrafe fu ‘restaurata’ per volere del principe Jacopo II da Carrara, impreziosita mediante doratura delle lettere e collocata nel vestibolo del la basilica di Santa Giustina, ove sappiamo aver trovato posto anche un’immagine, una sorta di ‘ritratto ideale’ dello storico. Quando un occasionale sterro sempre nelle pertinenze del monastero di Santa Giustina restituì alla luce un’antica sepoltura, l’anno 1413, subito si acclamò il rinvenimento della tomba di Tito Livio, con grande concorso di popolo e inaudito entusiasmo da parte della cittadinanza, guidata dall’umanista Sicco Rizzi detto Polenton, allora cancelliere di Padova. Il primo progetto per un mausoleo, destinato a sorgere di fronte alla chiesa di San Clemente, nell’attuale piazza dei Signori, non fu mai posto in opera; qualche anno dopo si provvide invece a ricavare una sepoltura “in Praetorii pariete”, sopra la Porta delle Debite, forse reimpiegandovi anche il rilievo asportato dall’atrio di Santa Giustina, con un’iscrizione commemorativa ascritta dalle fonti al podestà veneziano Leonardo Giustinian (ma si dubita possa essere invece dovuta al Polenton stesso). |
Il busto di Livio è di incerta datazione, ma verosimilmente trecentesco e fu attribuito dalla critica a Andriolo de' Santi; quale ‘segnacolo funerario’, venne posto a indicare il loculo in cui, dopo l’incendio del 1420 che distrusse oltre al palazzo anche i preziosi affreschi di Giotto, vennero tumulati i resti umani dissepolti alcuni anni prima presso il cenobio benedettino e arbitrariamente identificati come le spoglie del letterato patavino.
Ora le spoglie riposano all’interno del Salone, ricongiunte con l’epigrafe di Halys, nel monumento che Padova eresse in onore di Livio l’anno 1547. Si trova lungo la parete occidentale interna del Palazzo della Ragione a Padova, nella Galleria: sulla parete affrescata con stemmi e medaglioni, e inserita in una struttura architettonica arricchita da alcuni bronzetti (Minerva e l’Eternità; la Lupa Romana tra il Tevere e il Bacchiglione). Gli stemmi del podestà Dolfin e del Capitano Matteo Dandolo nello zoccolo accompagnano un’ iscrizione di Lazzaro Bonamico.