Frontespizio (112.a.202)
print this pageIl frontespizio tipografico presenta una marca con il pellicano che si lacera il petto con il becco per sfamare con il sangue i propri piccoli, della stamperia di Giovanni Giacomo Hertz. Il volume è suddiviso in tre parti, ciascuna preceduta da una scena storica tratta dalla letteratura antica. Segue il frontespizio una scena tratta dal De Bello Gildonico di Claudio Claudiano; una seconda è posta ad apertura della sezione dell’“Origine del Regno dei Goti in Italia” ricavata dal De Civitate Dei di Sant’Agostino; un’altra, che precede il “Secondo Regno d’Italia sotto i Longobardi” ,è ispirata a Ovidio; e per finire l’ultima, desunta dal De bello civili sive Pharsalia di Lucano, è collocata all’inizio del “Terzo Regno d’Italia conteso tra gli stranieri et italiani”.
In apertura del volume è stato inoltre inserito il ritratto di profilo di Emanuele Tesauro all’età di 73 anni, come si legge nella targa alla base del busto-ritratto D.EM. THESAVRVS/COM. EQ./ AET.ANNO.LXXIII firmato da Ludovico David, (in basso a sinistra L. David sc.,) e tratto dal Ritratto di Emanuele Tesauro inciso da George Tasnière nel 1671.
La parte più cospicua delle illustrazioni è dunque opera di Ludovico David, la cui attività per l’industria libraria è stata ricostruita solo di recente, anche se, in questo caso, l’originalità dell’invenzione spetta ai pittori della corte sabauda attivi per Carlo Emanuele II.
Alle incisioni ideate da David già segnalate dagli studi, si possono aggiungere le antiporte del Ragguaglio dell’vltime guerre di Transiluania, et Vngaria, di Maurizio Nitri, pubblicato a Venezia nel 1666, delle Gnomonices biformis... del 1679 (incisa da Giovanni Antonio Bosio) e delle Poesie sacre e spirituali di Pier Matteo Petrucci (incisa dall’artista francese Martial Desbois), uscita a Venezia nel 1680.
Alcuni dei ritratti sono stati inoltre oggetto di ulteriori riutilizzi, come accade nell’antiporta dell’Ermengarda regina de’ Longobardi di Pietro Dolfin stampata a Venezia presso il Nicolini nel 1670 o nel volume intitolato Aquila Sancta sive Barbarica, di Giovanni Palazzi (1640-1703), uscito a Venezia presso Giovanni Giacomo Hertz nel 1674, nel quale compaiono molti ritratti ispirati, nelle fisionomie e nel tratto inciso, a quelle ideate da Jan Miel e Claude Dauphin, e poi riprese, a distanza di quattro anni, da Ludovico David e Jacopo Ruffoni.