Penna, inchiostro e acquerello grigio e rosa su diversi fogli di carta quadrettata e trasferita su un supporto in tela azzurra, 400 x 797 mm
Datata 1682 a penna ben visibile sulla lesena di destra della loggetta
Al retro sulla tela azzurra il n. 417
BNCR: Disegni 3, III, 11
La veduta, in buono stato di conservazione e con diverse figure già abbozzate per essere riportate in pittura, reca alcuni appunti in olandese: la lettera w, ripetuta sulla balaustra e all’interno del portico, si riferisce alla parola wit che è il colore bianco della parete; gloyend, all’inizio della scalinata, va tradotto con il termine scosceso. La veduta è datata in modo molto visibile “1682”. Questo disegno, quello di Frascati (Dis. 3, IV, 4) del 1685 e quello di Bologna (Dis. 3, II, 9) del 1694, sono gli unici tre datati del nucleo della Biblioteca Nazionale.
Da questo studio derivano due versioni dipinte, una a tempera su pergamena datata 1683 nella collezione Colonna, e una seconda a olio su tela nella collezione Pallavicini, databile entro il 1703.
La scelta del soggetto e del punto di vista testimoniano l’originalità della visione di Van Wittel. La veduta è presa dal retro del palazzo del Museo Capitolino: il luogo, da allora, è piuttosto cambiato. A sinistra si nota una scala, oggi non più esistente, poi la loggia di Paolo III Farnese (1534-1549), che introduceva alla villa capitolina del pontefice e fu poi adattata ad ingresso al Convento dell’Aracoeli. Davanti alla loggia una rampa di scale è fiancheggiata da due muriccioli anch’essi scomparsi; al termine di questi si trova la base, tuttora esistente, di una statua di Costantino ivi posta nel 1644, evidentemente già spostata nel 1682 (poiché assente nel disegno) e che si trova oggi nella Basilica Lateranense. In secondo piano, la cupola della chiesa di San Luca, il campanile della chiesa di Santa Francesca Romana, il viale del Campo Vaccino con l’arco di Tito e gli Orti Farnesiani. In primo piano subito dietro il parapetto il tetto del tozzo edificio della Dogana della Grascia, le tre colonne del tempio dei Dioscuri e la chiesa, non più esistente, di Santa Maria Liberatrice. Sulla destra la torre del Palazzo Senatorio, e come quinta la parte superiore del Palazzo Nuovo, segnato da una finestra alta e stretta. A proposito di questa, si nota un curioso gioco prospettico: l’artista dipinge la finestra aperta del Palazzo Nuovo e quella, quasi d’angolo, è in linea con la finestra sulla parete di fianco, anch’essa aperta, così che attraverso le due aperture si può scorgere l’edificio del Palazzo Senatorio altrimenti non visibile all’osservatore.