Sanguigna, penna e inchiostro rosato, azzurro e grigio su diversi fogli di carta quadrettata a inchiostro e trasferita su un supporto in tela azzurra, 340 x 923 mm
Al retro sulla tela azzurra il n. 416
BNCR: Disegni 3, III, 7
Nel disegno sono presenti alcune scritte come la lettera w sulla torre del Palazzo Altoviti, che si riferisce alla parola wit ossia bianco; blau che sta per bleu e gra sta per grigio. La scritta houte ven[ster] sul primo palazzo, a sinistra di Palazzo Altoviti, sta per finestra di legno.
Il disegno, in buono stato di conservazione, è preparatorio per una veduta nota in cinque esemplari di grande qualità, uno dei quali, datato 1686, è conservato all’Ermitage di San Pietroburgo. Tale data è termine ante quem per la datazione del disegno.
La veduta raffigura un angolo di Roma cancellato dalla costruzione del Lungotevere e del ponte Vittorio Emanuele II tra la fine dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento. E’ presa dalla riva destra del Tevere, subito dopo il ponte Sant’Angelo. Dal lato opposto, all’altezza dell’attuale Lungotevere degli Altoviti, si vede la facciata sul fiume dell’omonimo palazzo: l’edificio compare a sinistra nel disegno, con la sua caratteristica loggetta attribuita al Vignola, dove si trovava lo studiolo di Bindo Altoviti (1491-1557), noto banchiere fiorentino che aveva restaurato il palazzo. Quest’ultimo, distrutto nel 1888, dava sulla piazza di ponte Sant’Angelo, e l’ultima testimonianza visiva prima della sua distruzione è un acquarello di Ettore Roesler Franz conservato a Palazzo Braschi, mentre alcuni affreschi del Vasari con le storie di Cerere, staccati dal palazzo prima che fosse distrutto, si conservano nel museo di Palazzo Venezia. Lione Pascoli, biografo di Van Wittel, scrive che gli Altoviti, presentati all’artista dall’ingegnere olandese Cornelis Meyer, gli commissionarono quattro quadretti a tempera.
Dietro palazzo Altoviti spicca la cupola di San Giovanni dei Fiorentini; al di là del Tevere compare una parte di Palazzo Salviati e in alto, sulla collina del Gianicolo, il convento di Sant’Onofrio; più a destra, lungo il fiume, si vedono il campanile di Santo Spirito e il tiburio e il timpano dell’ospedale. Sotto l’imbocco dei Borghi si nota l’approdo, che fungeva da piccolo porto. Chiudono la veduta, sulla destra, i bastioni esterni di Castel Sant’Angelo e sul fondo, in trasparenza, svetta la cupola di San Pietro. Al centro della veduta, sul fiume, i resti dell’antico ponte Neroniano e i mulini galleggianti, le famose “mole dei fiorentini”, ovvero i mulini per la lavorazione del grano, di cui resta memoria nella piccola strada con questo nome posta di lato alla chiesa di San Giovanni.