Alliata di Villafranca - Storia della famiglia

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La famiglia Alliata, tra le più note e illustri della nobiltà siciliana, affonda le sue radici intorno alla metà del 1300, quando uno dei capostipiti, Filippaccio, si trasferì da Pisa a Palermo, scrivendo la prima pagina di una lunga storia, destinata a intrecciarsi con le vicende politiche, economiche e sociali dell’isola per diversi secoli. A sottolineare la rilevanza del casato, già all’indomani dell’arrivo in Sicilia, basterà ricordare il conferimento della cittadinanza palermitana, elargita dal Senato di Palermo agli esponenti della famiglia il 28 settembre 1413 e concessa più tardi anche ai futuri eredi. In Sicilia la genia si articolò in tre rami principali: Alliata Principi di Pietratagliata, Alliata Principi di Montereale e Alliata Principi di Villafranca.

Lo stemma araldico della famiglia contiene tra i vari simboli una foglia di ruta, pianta tipica della vegetazione mediterranea che, per la sua capacità di radicarsi anche negli ambienti più aspri, ben rappresenta la capacità di adattamento di questo ceppo nobiliare al fluire del tempo e ai suoi mutamenti. La storia dei Principi Alliata di Villafranca può essere ripercorsa attraverso alcune personalità emblematiche che, dalla metà del XV secolo all’età contemporanea, hanno rivestito un ruolo attivo negli scenari politici, religiosi ed economici della Sicilia.

Nel 1449 Andreotto Alliata, figlio di Filippaccio, aveva occupato la terra del feudo di Troccoli mutandone il nome in Villafranca. Dal suo matrimonio con Apollonia Ajutamicristo nacquero tredici figli. Uno di essi, Giovan Battista, diventò Cavaliere dell’Ordine di San Giovanni Gerosolimitano di Malta; in questa veste egli ottenne dal Re Carlo V la carica di Tesoriere della Religione e quella di Algozino del Regno presso Tripoli, dopo che la città era stata sottratta ai Turchi. Personaggio poliedrico e bizzarro, visse una vita sospesa tra ascesi e mondanità. Era solito tenere grandiose feste nella sua dimora prediletta, una villa -oggi di proprietà della famiglia del Conte Francesco Naselli- dotata di sale da banchetto e “stanza dello scirocco”, immersa in una lussureggiante vegetazione, sulla sponda destra del fiume Oreto.

Nel corso dei secoli XVI-XVIII gli Alliata di Villafranca accrebbero progressivamente il loro prestigio. Interagirono in modo strategico con i vertici del potere e intrapresero un’oculata politica matrimoniale con esponenti di antiche e potenti famiglie aristocratiche, i cui simboli araldici confluirono, via via, nel loro stemma nobiliare. Particolarmente rilevante fu, ad esempio, il matrimonio con Agata Valguarnera, erede di un’illustre famiglia di origine catalana che, intorno al 1626, aveva assunto il pieno controllo delle grandi produzioni cerealicole delle “terre di Caropepe”, tra le più fertili e redditizie dell’entroterra siciliano. Dal ramo dei Principi Alliata di Villafranca ebbe origine quello degli Alliata Duchi di Salaparuta, fondatori della prestigiosa casa vinicola “Corvo Duca di Salaparuta”, di cui si dirà più avanti. Nel 1561, Giuseppe Alliata, IV Barone di Villafranca, aveva sposato la ricchissima nobildonna Fiammetta Salaparuta, unica erede di un’ingente fortuna. Il primogenito, Francesco, molto vicino alla corte di Spagna, nel 1610 ricevette dal Re Filippo III il titolo di I Principe di Villafranca e, cinque anni dopo, quello di I Duca di Salaparuta. Detentore di un enorme patrimonio, condusse uno stile di vita assai sfarzoso; rimangono proverbiali la descrizione della sua “incantevole” carrozza, decorata con galloni d’oro e d’argento, e il ricordo del suo matrimonio con Francesca Gravina Groillas, figlia del Principe Ignazio di Palagonia. Il ricevimento si protrasse per diversi giorni e fu allietato da concerti, danze e lauti banchetti, composti da pietanze rare ed elaboratissime.

Al culmine della sua ascesa, intorno alla metà del 1700, la famiglia possedeva trentadue baronie, quattro ducati e sette principati.

Nel XVIII secolo emerse la figura di Giuseppe Alliata e Colonna, IV Principe di Villafranca e IV Duca di Salaparuta. Uomo spregiudicato e versatile, seppe destreggiarsi con abilità tra le complesse vicende di politica internazionale che coinvolsero la Sicilia nei primi due decenni del 1700. Nel 1713, con la pace di Utrecht, Filippo V di Borbone aveva ceduto l’isola ad Amedeo di Savoia. Per accogliere il nuovo sovrano, il Principe Giuseppe organizzò un magnifico equipaggio, con musici, dame e cavalieri che recavano in dono preziosi gioielli e argenterie. A Vittorio Amedeo, incoronato re il 10 ottobre 1713, consegnò le chiavi della città di Palermo, offrendogli “pane e sale”. Alla fine del breve dominio sabaudo, durato appena un anno, la Sicilia passò di nuovo al regno di Spagna e, anche in questo caso, il principe seppe agire con diplomazia, sfruttando a proprio vantaggio il nuovo cambio di potere. Si recò a Vienna per offrire ricchi doni all’Imperatore Filippo V e da questi ricevette in cambio importanti cariche militari: Grande di Spagna di Prima Classe, Capitano delle Guardie del Corpo e Tenente Generale. Il momento della sua morte fu accompagnato dallo stesso fasto che aveva caratterizzato la sua vita: il corteo funebre, capeggiato da un generale a cavallo, si fermò in piazza Bologni, davanti alla dimora del principe. La salma, vestita di armi bianche ed elmo piumato, fu condotta poi presso la Chiesa di San Giuseppe dei Teatini, dove ebbe luogo una pomposa cerimonia.

L’imponente patrimonio degli Alliata fu ulteriormente ampliato grazie all’unione di Domenico Alliata, V Principe di Villafranca e V Duca di Salaparuta, con la giovane Vittoria Di Giovanni, Duchessa di Saponara. Oltre ad acquisire estesi possedimenti e nuovi titoli nobiliari, gli Alliata assunsero in quegli anni la carica di Corrieri del Regno e cominciarono a gestire il Servizio Postale in regime di monopolio per Napoli e la Sicilia. Questo incarico si protrasse fino all’Unità d’Italia.

Negli anni a cavallo tra il 1700 e il 1800 si distinse in particolar modo Giuseppe Alliata e Moncada. VII Principe di Villafranca e VII Duca di Salaparuta, ricoprì importantissime cariche politiche e militari e fu autorevole membro del Parlamento Siciliano, in un momento storico denso di cambiamenti. Strenuo difensore dei privilegi dell’aristocrazia feudale, entrò in contrasto con il Re Ferdinando IV di Borbone e con il Vicerè don Domenico Caracciolo, tenace antagonista del potere baronale. La notte del 14 febbraio 1811, per volere di Re Ferdinando e della Regina Maria Carolina, era stata emanata un’ordinanza che imponeva un prelievo fiscale dell’1% sui possedimenti immobiliari. Il Parlamento si oppose alla disposizione reale con un documento sottoscritto da quarantaquattro aristocratici. Il Duca Luigi Filippo D’Orleans, tuttavia, convinse i dissidenti a non dar seguito alla protesta; accettarono tutti meno che cinque principi, tra cui Giuseppe Alliata, il quale, dopo essere stato destituito da tutte le cariche pubbliche e militari, fu esiliato sull’Isola di Pantelleria. In seguito alle suppliche della madre, Giuseppina Moncada, e della moglie, Agata Valguarnera, il principe fu poi trasferito nel carcere di Termini Imerese.

Si avviava così il lento declino di questo casato e, più in generale, della nobiltà siciliana e dei suoi privilegi, destinati a un’irreversibile decadenza, dietro le spinte di rinnovamento che, a partire dalla Rivoluzione Francese, avrebbero trasformato profondamente l’assetto politico e civile dell’Europa. Il 19 luglio del 1812 il Parlamento approvava la Costituzione del Regno Indipendente di Sicilia, abolendo per sempre la feudalità. Restaurata la corte borbonica, il principe, nel frattempo tornato in libertà, si trasferì prudentemente a Firenze con la sua famiglia. Nel 1820 Giuseppe Alliata partecipò attivamente alle sollevazioni popolari antiborboniche scoppiate a Palermo, quando il re si era rifiutato di garantire la Costituzione. Il principe si pose a capo di una delegazione di notabili che intendeva trattare con il sovrano le rivendicazioni della Sicilia. Per sedare i moti divampati in città, Re Ferdinando mise in atto una durissima repressione che costrinse i nobili alla resa. Il popolo, sentendosi tradito, si abbandonò a feroci violenze: il Principe della Cattolica e quello di Aci furono trucidati; Giuseppe Alliata si rese irreperibile, ma la sua “Villa del Firriato” fu distrutta e incendiata. Proclamata l’Unità d’Italia, Giuseppe si ritirò a vita privata, abbandonando definitivamente la sfera politica e dedicandosi alla cura dei propri interessi; sulla stessa scia vissero anche i futuri eredi. Proprio in quegli anni si colloca la nascita della casa vinicola “Corvo Duca di Salaparuta” e la produzione del primo vino, il Corvo. Questa nuova stagione storica della famiglia è rappresentata emblematicamente da un altro esponente di spicco del casato: Eduardo Alliata e Valguarnera, X Principe di Villafranca e X Duca di Salaparuta. Uomo intelligente ed estremamente curioso, seppe trasformare la produzione vinicola avviata dal padre in un’attività imprenditoriale ben strutturata. Fondò le “Fattorie Corvo”, concentrando le attività di pigiatura, vinificazione e commercializzazione nel baglio di Casteldaccia, poco distante da Villa Valguarnera, sontuosa residenza estiva immersa nel verdeggiante territorio di Bagheria. Per creare vini ricercati che incontrassero il gusto dei palati più esigenti si recava periodicamente in Francia, vivace luogo di confronto con i produttori continentali. Questa eredità imprenditoriale fu raccolta e arricchita in maggior misura da uno dei nipoti di Eduardo, Enrico. Con la figura di Enrico Alliata, per la prima volta nella storia della famiglia, i titoli di Duca di Salaparuta e di Principe di Villafranca si scissero: il titolo di principe spettò al fratello maggiore, Gabriele, XII Principe di Villafranca, mentre Enrico divenne XII Duca di Salaparuta. Uomo dai molteplici interessi e dalla personalità eclettica, Enrico impresse un’impronta molto forte nella vita di casa Alliata. È ricordato innanzitutto come “il Signore dei vini”. Riprese l’opera del nonno Eduardo, perfezionandola, e diffuse i vini Corvo negli ambienti internazionali, collezionando premi di qualità e riconoscimenti in tutto il mondo. La figlia Topazia, madre della famosa scrittrice Dacia Maraini, lo descrisse come un uomo coltissimo, appassionato di filosofia e di ogni forma di sapere. Dopo aver avuto un incidente di caccia che ne compromise irreversibilmente la vista, Enrico riconvertì la sua vita e quella della sua famiglia, trasformando profondamente il suo rapporto con la natura e il mondo circostante. Dopo l’incidente il legame tra il duca e la figlia si fece sempre più forte. Cresciuta tra i profumi delle cantine di famiglia, Topazia colse con passione e intelligenza gli insegnamenti del padre e intervenne in modo sempre più rilevante nella gestione dell’azienda. Pittrice, scrittrice e gallerista di fama internazionale scomparsa all’età di ben 102 anni, visse con singolare temperamento una vita intensa e talora convulsa. Seguì il marito Fosco Maraini in Giappone; qui, negli anni della Seconda Guerra Mondiale, sperimentò una lunga e drammatica prigionia, che segnò per sempre la sua esistenza e quella della figlia, Dacia, ancora bambina. In quegli stessi anni gli orrori della guerra spensero i fasti di Villa Valguarnera, diventata rifugio per i militari del presidio locale. I soldati anglo-americani conobbero l’ospitalità del Duca Enrico e apprezzarono i vini delle sue cantine e i super-alcolici messi appositamente in produzione. Nel 1945, con la capitolazione del Giappone, Topazia e la sua famiglia, tornati in libertà, rientrarono a Palermo; in quello stesso anno il Duca di Salaparuta si spense. Con la morte di Enrico Alliata si concludeva il cammino di una delle più illustri e influenti famiglie della nobiltà siciliana che, oltre ai molti titoli nobiliari, annovera tra i discendenti personalità di spicco, come le già citate Topazia e Dacia Maraini, o l’imprenditore e produttore cinematografico Francesco Alliata, fondatore, insieme a Pietro Moncada, della Panaria Film. Il mutare dei tempi ha affievolito, senza mai cancellarlo, lo splendore degli Alliata di Villafranca, il cui ricordo sopravvive con la stessa tenacia della ruta effigiata sullo stemma araldico della famiglia.

 


Bibliografia essenziale

  • BONANNO G., Gli Alliata Principi di Villafranca e Duchi di Salaparuta, Bagheria, Officine Tipografiche Aiello, 1999.
  • CANCILA O., Baroni e popolo nella Sicilia del grano, Palermo, Palumbo e C. Editore, 1983.
  • CANCILA O., La Terra di Cerere, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2001.
  • EMANUELE E GAETANI F.M., Della Sicilia Nobile, Parte II, Libro I, Palermo, Stamperia de Santi Apostoli per P. Bentivegna, 1754, Bologna. Copia anastatica: Volume I, Arnaldo Forni Editore, 1968.
  • D’AVENIA F., Nobiltà allo specchio. Ordine di Malta e mobilità sociale nella Sicilia moderna, in “Mediterranea Ricerche Storiche”, 32, 2014.