Monumenti e Sacrari

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L'immane dolore che derivò dall'alto numero dei Caduti nella Grande Guerra coniugò il bisogno di elaborazione dei lutti da parte dei familiari con la necessità collettiva di dare un senso più alto all'esperienza della guerra, che in qualche modo la giustificasse e legittimasse agli occhi dei sopravvissuti.

Avvenne così una sorta di recupero positivo: gli aspetti tragici della guerra furono offuscati o rimossi per fare posto all'esaltazione del sacrificio e alla celebrazione del coraggio e dell'eroismo che convertì il dolore di un popolo in orgoglio nazionale.

In una prima fase dal 1918 al 1922 le iniziative per l'erezione dei monumenti partirono dal basso, con la formazione spontanea di comitati in strette relazioni e sostegno dai Comuni. Con l'avvento del fascismo la commemorazione dei Caduti nel periodo dal 1922 al 1928 subì una repentina trasformazione e fu sfruttata dal regime  per legittimarsi sul piano politico ed identitario. Uno dei primi atti fu la realizzazione di viali e parchi della Rimembranza, voluti dal Ministero della Scuola e con carattersiche comuni ben connotate valevoli in tutta Italia. Infine nella terza fase dal 1928 al 1938 il fascismo, coinvolgendo gli eccellenti architetti del tempo, si impegnò nella costruzione dei grandi sacrari di guerra volti a ricomporre idealmente i ranghi tra le cui fila i soldati erano morti e, più pragmaticamente, che accogliessero le migliaia di salme riesumate con tutti gli onori dai piccoli cimiteri del fronte. Sorsero i Sacrari di Redipuglia, Oslavia, Caporetto, Nervesa, Fagaré, Monte Grappa, Asiago-Leiten, Ossario del m. Pasubio, passo del Tonale, passo Resia.

                                                      Sacrario di Caporetto - sepoltura di Nizzoli Cirillo e Rossi Francesco