Viterbo

il centro urbano

superficie
37 ettari
popolazione
12.000 ca. (1810), 12.588 (1818), 14.301 (1846), 16.533 (1853)
Viterbo, fine Ottocento. Panorama dal campanile Trinitázoom
Viterbo, fine Ottocento. Panorama dal campanile Trinitá

La città, costruita su un falsopiano circondato da boschi, lungo la via corriera per la Toscana, dista 60 miglia da Roma ed è tappa tradizionale per chi risale o discende la Penisola tra Firenze e Roma. È perciò frequentata da numerosi stranieri che vi sostano per rifocillarsi o per utilizzare i servizi postali e nell’Ottocento per godere degli spettacoli di ottimo livello presentati prima nel Teatro del Genio e poi anche in quello dell’Unione.

Il centro urbano di forma quasi triangolare, circondato da mura turrite, è attraversato dal torrente Arcione che gira macine da olio, da grano e serve a opifici diversi. La città è rinomata per le ottime e copiose acque potabili, per le sue fontane e per le belle piazze, fra le quali la piazza grande del Municipio, dove sorgono il palazzo del delegato e quello molto vasto del Comune.

Metropoli del Patrimonio di S. Pietro, la città è in decadenza quando con l’arrivo dei Francesi nel 1798 diviene prima capoluogo del circondario del Dipartimento repubblicano Cimino e in seguito, con la seconda occupazione, dal 1810 capoluogo di uno sei distretti del Dipartimento del Tevere. L’arrivo dell’armata francese nel 1798 non aiuta a invertire il trend economico negativo, ma risveglia nei notabili l’interesse per le opportunità offerte dall’integrazione in un sistema politico-economico più dinamico e aperto rispetto a quello dello Stato pontificio. I figli dell’aristocrazia e della borghesia si schierano per la Repubblica Romana e in seguito con Napoleone Bonaparte. I Francesi stimolano, in particolare, la vita culturale della città.

La cinquecentesca Accademia degli Ardenti viene riaperta nel 1803 e incrementa la sua attività. Riapre nel 1805 il Teatro dei Mercanti con la nuova denominazione di Teatro del Genio dove si inizia un nuovo corso che vede protagoniste le donne come interpreti, autrici e promotrici culturali. L’Accademia fonda poi nel 1810 la Biblioteca pubblica comunale degli Ardenti, su proposta del Prefetto del Dipartimento del Tevere, barone Camillo de Tournon che ne è socio onorario.  

Le conseguenze della presenza francese sono profonde e avviano dinamiche che restano attive anche dopo la Restaurazione. La città è capoluogo di Delegazione, e vi hanno sede la Soprintendenza delle Dogane, il Tribunale civile e criminale di prima istanza, l’Ufficio del Bollo e Registro, la Cancelleria del censo.

Intorno alla metà del secolo, l’economia della città si basa soprattutto sull’artigianato e sul commercio: “… vi sono tutta sorta di fondachi … fabbriche di confetti, … di cappelli, di paste di tutta sorte; 4 orefici; due stamperie; indoratori; una grande Libreria … negozi di pannine … fabbriche di cordoni a macchina … filatura e tessitura in cotone, lana, seta, oro, e argento …  fabbrica di vetri e cristalli … fabbriche di calce viva, molti caffè … grandi Pizzicherie … Macelli  … Locande  … 2 cartiere; varie fabbriche di Solfanelli fosforici … 12 concie per suole e fini pellami, una fabbrica di carte da giuoco; … Nel territorio esistono 5 … ferriere con 8 fucine, … fabbrica di Vetriolo verde  … fabbrica di sevo … 17 Caneperie, o lavorazione della canapa … fabbriche di majolica  … di mattoni, tegole, terraglie … di cordoni di seta e di lana, di zagane e passamani  ... fìlatoj di spaghi e corde; officine dove filasi l'ottone; un opificio dove si lavorano ferri a taglio”.

C’è mercato di bestiame il venerdì e di cereali e altri generi ogni sabato. Si tengono inoltre tre fiere fisse annuali: il 3 febbraio quella piccola per S. Biagio, il 24 marzo quella dell'Annunziata di merci e moltissimi generi e dal 21 settembre al 5 ottobre la Fiera della Quercia di bestiami e merci estere.

Il 4 settembre si svolge la festa di S. Rosa, durante la quale viene esposto il corpo della santa alla pubblica venerazione, e “… fra un indicibile concorso di gente dei limitrofi e lontani paesi, fra musiche sacre e marziali, su di un'alta trionfale macchina sempre di nuovo disegno, e ricca di accesi cerei, si porta la sera innanzi da 36 facchini la sacra Immagine in processione per la città. In tale circostanza v’è … Fiera grande, Tombola, Musica: vi sono fuochi artificiali, Teatro, ed altri molti divertimenti”.

L’istruzione è affidata al Collegio e Seminario Vescovile uniti, dove sono riunite tutte le scuole pubbliche “… formanti quasi un Licèo con Cattedre di diritto Civile Criminale, e Canonico; v'è un Professore di disegno, altro di Canto ecclesiastico, altro di Calligrafia. Oltre ciò nelle scuole dei Fratelli della Dottrina cristiana chiamati Ignorantelli, … Per le Fanciulle vi sono le scuole delle maestre Pie fondate nel 1684 dalla Viterbese matrona Rosa Venerini…”. Vi sono le Biblioteche, l’Accademia filodrammatica nata nel 1828, l'Accademia filarmonica, e quella di Scienze ed Arti detta degli Ardenti con annesso un Gabinetto di Archeologia e di Storia Naturale.

Nel 1855 viene aperto un nuovo Teatro denominato dell’Unione che sarà luogo di spettacolo, e, insieme al caffè Schenardi sarà anche luogo di ritrovo di intellettuali e patrioti che partecipano vivacemente alle vicende politiche nazionali. L’élite infatti mantiene lo spirito progressista d’epoca francese che ora si è tradotto in patriottismo.  Spiccano, in particolare, per attivismo le figure del conte Giovanni Pagliacci Sacchi, di Ermenegildo Tondi e di sua moglie Innocenza Ansuini.

bibliografia

Novissima statistica economica …, Supplemento n. 12 al “Fanfulla giornale letterario, scientifico, artistico”, 1846, p. 1.

A. Palmieri, Topografia statistica dello Stato Pontificio, Roma, dalla Tipografia Forense, 1857. Leggi l'e-book.

M. Sanfilippo, “La città mi parve ben costruita”. Viterbo e i viaggiatori anglo-francesi sullo scorcio dell’Antico Regime. Leggi l'e-book.

M. Marinucci, Giuseppe Mazzini e il Viterbese: dalla “Giovine Italia” al “Circolo Operaio Progressista”, in Mazzini e il suo mito: il caso del Lazio, a cura di M. Calzolari, E. Grantaliano, e D. Mattei, Roma, Archivio di Stato di Roma, pp. 139-158.