A cura di Mariagrazia Carlone
Tra le carte della Prefettura si trovano alcune riviste e romanzi, perchè tutte le pubblicazioni erano sottoposte all’approvazione e, se del caso, alla censura.
Dagli esempi esposti, che risalgono agli anni Quaranta, emergono ritratti di donne diversi e talora contrastanti, e tracce dell’incipiente conflitto tra la mentalità tradizionale e quella delle giovani, che – sia pure in modo ancora confuso – iniziano a voler ampliare i propri orizzonti.
Idee “moderniste” fanno capolino anche in brevi racconti romantici, scritti per lo più da autrici oggi poco note; e nel 1946, l’anno dell’ottenimento del diritto al voto, alcune giornaliste prendono l’iniziativa di chiedere l’autorizzazione a pubblicare, esse stesse, giornali “intelligenti” per la “elevazione” delle donne.
"Pregasi procedere sequestro pubblicazioni... per loro contenuto frivolo et illustrazioni scollacciate et immorali"
Gabinetto di Prefettura, II serie, busta 382, fascicolo "Stellissima edizioni"
1. 12 giugno 1943, Telegramma
2. [1943], V. da Varese, Risate in bicicletta
3. [1943], Cineparata
4. [1943], V. da Varese, Risate Estive
Il Prefetto Uccelli dispone il sequestro delle riviste Risate estive, Risate in bicicletta e Cine parata pubblicate dalle Edizioni Stellissima, "per loro contenuto frivolo et illustrazioni scollacciate et immorali" (1: Telegramma).
Frivoli sono senz’altro i testi, che includono commenti come questi:
«Gambe al vento! Questo fatto della donna che va in bicicletta è, d’altronde, ben visto anche dallo stesso uomo … caviglie di diciott’anni, polpacci ventenni e venticinquenni gli passeranno davanti in tutta disinvoltura… ti verrà l’acquolina in bocca» (2: Risate in bicicletta, p. 1),
oppure:
«Lo sport dello sci ha conquistato (beato lui!) il cuore di molte belle bambine, che giungono perfino al colmo di preferire magari una volata sugli sci ad uno spettacolo cinematografico con Nazzari o Rossano Brazzi» (3: Cineparata, p. 12),
commenti che peraltro rendono chiaro come, agli occhi almeno dell’autore, di tutto ciò che le donne fanno – come andare in bicicletta o sciare – interessi soltanto l’effetto che può fare sugli uomini.
Può invece sembrare esagerato definire addirittura immorali le immagini che illustrano queste riviste, dove appaiono ragazze in abiti corti (come sulla copertina di Risate estive) ma certo non eccessivamente succinti: va però ricordata l’arretratezza italiana nel campo dell’abbigliamento, dimostrata dal fatto che, al di fuori dell’ambiente sportivo o cinematografico, negli anni Quaranta le gonne sopra il ginocchio erano ancora poco diffuse.
"V. da Varese”, autore delle due raccolte Risate in bicicletta e Risate estive, era uno dei molti pseudonimi usati da Vincenzo Baggioli (Galliate Lombardo 1909 - Milano 1969), giornalista sportivo e autore di romanzi gialli, fumetti e varie opere di letteratura popolare. Cfr. Roberto Pirani, Dizionario Bibliografico del Giallo, Pontassieve, Pirani Bibliografica Editrice, 2000.
"Signorina Capriccio"
Gabinetto di Prefettura, II serie, busta 382, fascicolo "Ultra"
1. 3 febbraio 1945, lettera del Capo della Provincia al Questore di Milano con richiesta di sequestro di romanzi pubblicati dall’editoriale ULTRA di Milano in quanto non autorizzati
2. Elisa Trapani, Signorina Capriccio, Milano, Editoriale Ultra, 1944
Altre volte la censura di riviste o libri è motivata dalla mancanza di autorizzazione preventiva alla pubblicazione.
E' questo il caso di Signorina Capriccio, casto e moraleggiante romanzo di Elisa Trapani, prolifica autrice siciliana. La protagonista del racconto, Renata, chiamata in famiglia “signorina Capriccio” perchè riesce sempre a fare ciò che vuole, ha «un carattere forte e franco, un’intelligenza vasta e moderna, una solida cultura» (Signorina Capriccio, p. 32) oltre ad essere bella: quanto basta per fare innamorare il giovane Paolo, il quale, tuttavia, vorrebbe cambiare la ragazza per farla sua e "renderla felice". Vale la pena di riportare alcuni brevi passaggi e scambi di battute tra i diversi personaggi del romanzo, che illustrano efficacemente l'immagine che della donna, in quegli anni, avevano non soltanto gli uomini, ma le donne stesse:
« (Renata) - … capisco che debbo sembrarvi […] una povera illusa, una stupida bambina che non conosce il mondo e tanto meno gli uomini.
(Paolo) - Questo vi fa onore, anzi. Non conoscere gli uomini è il miglior vanto che possa menare una donna» (Signorina Capriccio, p. 60)
«(Cristina) - […] non vedo Renata sposa, fidanzata… innamorata seriamente di qualcuno.
Paolo sospirò: (Paolo) - Come avete ragione. È una fraschetta.
(Cristina)- Una ragazza che non ha ancora trovato la sua strada.
(Paolo) - Non la troverà facilmente.
(Cristina)- Chi può dirlo? A un certo punto arriva quello che fa il miracolo, e la vanessa dai mille colori diventa una ragionevole e ragionante formica.» (Signorina Capriccio, p. 75)
«…Paolo, in un certo senso, era una vittima del fascino di Renata […] non era altro che una bimba … avrebbe dovuto insegnarle ad amare, indicarle la via giusta, farle capire che l’amore è una cosa seria, e che, per piacere a un uomo, conveniva rinunziare a certi capricci, a certi vizietti, a certe abitudini malsane […] Ecco, questo doveva essere il suo programma. Conquistare Renata anche contro la sua volontà, mostrarle qual era il suo destino, renderla felice a tutti i costi.» (Signorina Capriccio, pp. 80-81).
Alla fine, Paolo preferirà la modesta e mansueta Cristina, rinunciando alla scintillante e indomabile Renata. La morale del romanzo è che una ragazza intelligente, colta e decisa può affascinare, ma per queste sue stesse caratteristiche è giudicata infantile e capricciosa, dunque bisognosa di rieducazione: pena l’impossibilità per lei di essere amata da un uomo e convolare a nozze, solo giusto traguardo e possibile via alla felicità per una donna.
Elisa Trapani (Marsala 1906 - Milano 1989), definita “la Liala della Sicilia”, pubblicò nel corso della sua carriera settantasette romanzi più “novelle e racconti, fiabe e favole, apparsi sulle più importanti riviste femminili e sul «Corriere dei Piccoli».” (Alessia Rastelli, “Elisa Trapani: la Liala della Sicilia”, Corriere della Sera, 20 agosto 2016).
"La fidanzata ribelle"
Gabinetto di Prefettura, II serie, busta 382, fascicolo “Stellissima Edizioni”
1. 11 novembre 1944, Fonogramma
2. Marinella Neri, La fidanzata ribelle, Stellissima Edizioni, 1944
Il Capo della provincia, Bassi, invia al Questore di Milano un fonogramma richiedendo il sequestro di due romanzi (La fidanzata ribelle di Marinella Neri e Ritorno d’amore di una non meglio identificata “Doriana”) pubblicati senza autorizzazione.
Rispetto a quanto avveniva nel romanzo Signorina Capriccio, appare leggermente più avanzata la visione di un altro breve romanzo compreso fra le carte della Prefettura, La fidanzata ribelle di Marinella Neri.
Qui la protagonista femminile si chiama Dedé, ed è una spigliata ragazza moderna che rifiuta di prendere in considerazione il fidanzato propostole dal padre: perciò se ne va di casa, decisa a trovare lavoro come insegnante di ginnastica. Mentre il padre la disapprova totalmente:
«... È tempo che tu abbandoni lo sport per dedicarti ad attività più femminili… Le tue idee moderniste debbono cedere al buonsenso!»,
la mamma cerca di mediare con saggezza:
«... gli uomini non vogliono mai esser contraddetti, anche se hanno torto, anzi, specialmente quando hanno torto...».
Messo al corrente della cosa, il fidanzato è tutt’altro che offeso, anzi ammira lo spirito indipendente di Dedé; trova dunque il modo di conoscere “casualmente” la ragazza e, naturalmente, l’amore sboccia comunque. Il lieto fine è assicurato, confermando a posteriori, tra l’altro, la giusta scelta del padre della ragazza (non è dato però sapere se, dopo il matrimonio, Dedé continuerà, o meno, a dedicarsi allo sport, o addirittura ad insegnare ginnastica).
"...andate a fidarvi delle donne!"
Gabinetto di Prefettura, II serie, busta 382, fascicolo "Gentile pubblicazioni".
1. Milano, 12-19 agosto 1943, Tempo. Settimanale di politica, informazione, letteratura e arte, n. 220.
L’esercizio di una professione da parte delle donne è ancora, negli anni Quaranta, considerato con sospetto, sfiducia e mal celato risentimento maschile: tutto ciò traspare vividamente leggendo un articolo privo di firma apparso su un numero della rivista illustrata Tempo e dedicato alle donne medico in Unione Sovietica. Intitolato “Oltre trentamila dottoresse. Storia della prima medichessa russa, amica di Dostoieschi”, è un vero e proprio campionario di commenti maschilisti:
«Un'ordinanza del Comando Supremo sovietico aboliva tempo fa il Corpo degli ufficiali medici che verranno richiamati alle armi come fanteria di linea, ed affidava gli ospedali militari alle donne dottoresse, di cui ordinava la leva in massa. Ci guadagneranno, i feriti? Non sappiamo [...] Tempo fa, leggendo una statistica sovietica, apprendemmo con un certo stupore che le dottoresse regolarmente diplomate ed in esercizio erano, in Russia, quindicimila; e che altrettante erano iscritte alla facoltà di medicina di Mosca, Leningrado, ecc. Sono cifre che fanno pensare […] appena ottant'anni fa, nel 1862, si laureò a Pietroburgo la prima dottoressa russa […] trentamila donne battono la strada da lei indicata e hanno reso un pessimo servizio agli uomini: non solo hanno insidiato i monopoli professionali, ma ora li fanno richiamare come fanteria di linea per la loro sopravvenuta sostituibilità. Andate a fidarvi delle donne!».
L’articolo è inoltre viziato da molte imprecisioni, oltre che da un grave errore di fondo: in esso infatti si ripercorre in tono sarcastico la movimentata vita sentimentale di Apollinaria Prokofyevna Suslova (1839–1918), detta Polina, che a ventun anni divenne amante di Fyodor Dostoyevsky, confondendola però con le vicende della sorella di Polina, Nadezhda (1843-1918), che fu effettivamente la prima donna russa a laurearsi in medicina e a lavorare come ginecologa e pediatra.
Di conseguenza, l’autore afferma – non senza compiacimento – che Polina «era dottoressa, ma non esercitò mai il mestiere»: anzi, «passò tutto il suo tempo ad amare, a tradire, a proclamare l'emancipazione della donna e a farsi prendere a schiaffi da bei maschioni latini»; ma, conclude, infine «fu un'ottima moglie, abbandonò le idee nichiliste, quelle dell'emancipazione e del libero amore. Ebbe una figlia. E quando questa dichiarò che voleva studiare medicina, Polina le tirò uno schiaffo e la mise in collegio. Crediamo sinceramente che, se ella fosse viva, non sarebbe per nulla lusingata delle oltre trentamila dottoresse sovietiche e della celebrazione dell'ottantesimo anniversario della sua inutile laurea».
La copia, purtroppo monca e assai rovinata, della rivista illustrata Tempo è inclusa nel fascicolo "Gentile pubblicazioni" allo scopo di documentare l’attività di Gaetano Baldacci (Messina 1911 – Pavia 1971), medico e giornalista, fondatore della casa editrice "Gentile" e collaboratore di Tempo.
Su Nadezhda Prokofyevna Suslova, che fu anche autrice di diverse pubblicazioni scientifiche, cfr. Mary R. S. Creese, Ladies in the Laboratory IV: Imperial Russia's Women in Science, 1800-1900: A Survey of Their Contributions to Research, Lanham, MD: Rowman & Littlefield, 2015.
Le giornaliste
Gabinetto di Prefettura, II serie, busta 475, fascicolo “Milano – Donne”
1. 28 giugno 1946, Milano. Maria Capodivacca in Casabella, "domanda di pubblicazione"
2. 28 agosto 1946, Milano. Minuta di lettera del Prefetto alla Questura con richiesta di informazioni
3. 30 agosto 1946, Milano. Risposta del Questore al Prefetto con le informazioni richieste
Gabinetto di Prefettura, II serie, busta 475, fascicolo "Il giornale della donna"
1. 27 aprile 1946, Milano. Anita Pensotti, "domanda di pubblicazione"
2. 10 maggio 1946, Milano. Minuta di lettera del Prefetto alla Questura con richiesta di informazioni
3. 21 luglio 1946, Milano. Risposta del Questore al Prefetto con le informazioni richieste
4. 28 agosto 1946, MIlano. Convocazione dell'Ufficio Stampa [della Prefettura] per Anita Pensotti
5. 20 ottobre 1946, Bergamo. Lettera di Anita Pensotti alla Prefettura di Milano.
La sezione Immagini di donne della mostra si conclude con due documenti, entrambi del 1946.
Appena dopo la guerra, alcune donne più colte e dotate di iniziativa cominciarono a proporsi non più soltanto come autrici di racconti e romanzi, ma come promotrici in prima persona di un giornalismo dedicato alle altre donne. Si tratta infatti delle domande inviate alla Prefettura da altrettante giornaliste allo scopo di ottenere il permesso di pubblicare periodici femminili.
La prima richiesta è di Maria Capodivacca, per Milano - Donne, “giornale intelligente di formula assolutamente nuova per tutte le donne”; il Questore trasmette al Prefetto le richieste informazioni sulla “condotta morale e politica” di Maria Capodivacca, che risulta “regolare [...] e senza precedenti sfavorevoli”.
L’altra domanda è di Anita Pensotti che, con il Giornale della donna (successivamenter ribattezzato Cucù) si pone come fine la “elevazione della donna”; anche in questo caso il fascicolo della Prefettura conserva un’informativa della Questura sulla condotta della giornalista, ed è interessante notare che essa viene giudicata positivamente anche perché “non consta che [la Pensotti] abbia collaborato con i nazi-fascisti nè che abbia svolta attività politica ostile all’attuale governo”.
Maria Capodivacca era figlia d’arte: il padre, Giovanni Capodivacca detto “Gian Capo” (Cervarese Santa Croce 1884 – Milano 1934), fu giornalista presso varie testate (Il Popolo d’Italia, Il Secolo, Corriere della Sera) e commediografo di discreto successo.
Anita Pensotti (+ 2002), che nella lettera alla Questura si firma orgogliosamente “Dott. Prof.”, è stata una celebre giornalista italiana, autrice di diversi libri dedicati a famosi personaggi del Novecento (Papa Giovanni XXIII, Rachele Mussolini, ed altri) oltre che al paranormale.