3 - Trattato sulla Guerra dei Trent'anni

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Nel 1649 Giuseppe Ricci (1600 ca-1669) scrisse un trattato sulla Guerra dei Trent’anni, il conflitto religioso e politico che sconvolse l’Europa dal 1618 al 1648. Il volume, dedicato al procuratore di San Marco, Luigi Morosini, venne pubblicato a Venezia dai Turrini, famiglia di stampatori attivi tra il 1637 e il 1676.

99.b.59-Antiporta

Il libro è impreziosito da un’antiporta (mm 195x145) incisa a bulino da Giacomo Piccini (Padova 1619-Venezia 1660). L’artista amava “pigliare argomento al suo bulino da buoni autori”, come testimoniano i fogli con derivazioni da Tiziano e Pordenone, ma orientò la sua attività in direzione dell’illustrazione libraria, intagliando frontespizi e ritratti.

Nell’antiporta l’incisore ha voluto fornire una vigorosa interpretazione dell’opera. Sullo sfondo di un imminente scontro tra due eserciti a cavallo, assistiamo infatti all’allegorico duello tra l’Eresia e la Fede Cristiana.

Il prestante guerriero seduto sul leone raffigura il Dominio di sé, nella mano sinistra regge una face accesa e rovesciata, in quella destra una spada che usa come pungolo per stimolare il leone poiché “la ragione deve tenere il freno all’animo…e pungerlo, ove si mostri tardo e sonnolento” (Ripa 1645). La face accesa, essendo rovesciata, è simbolo di amore, pace e tranquillità d’animo.

L’essere mostruoso anguicrinito dinanzi a lui, con due code di serpente in luogo delle gambe e i seni asciutti e pendenti, rappresenta l’Eresia che “secondo San Tomaso […] & altri Dottori è errore dell’Intelletto […] e di spaventevole aspetto, per essere priva della bellezza, & della luce chiarissima della fede, & della verità Christiana” (Ripa 1645). I capelli serpentini simboleggiano i cattivi pensieri, le mammelle avvizzite mostrano l’assenza di quel vigore che permette di realizzare opere degne di vita eterna, mentre le code, attributo solitamente proprio dell’Inganno, si riferiscono alla volontà di attirare i semplici per “invilupparli poi nell’orditura delle proprie insidie” (Ripa 1645).

L’Eresia sta per scoccare una freccia contro una maestosa aquila che regge tra gli artigli tre fulmini. Messaggera di Zeus o incarnazione del dio stesso per gli antichi greci, l’aquila mantenne nell’iconografia cristiana i significati positivi di forza, rinnovamento e contemplazione e, in quanto uccello cacciatore di serpenti e draghi, simboleggiava la vittoria della luce sulle forze del male. Il rapace si appresta a scagliare i fulmini contro l’Eresia così come Zeus, con gli stessi, distruggeva i propri nemici. Sul fianco della torre su cui è assisa è inciso il titolo.

99.b.59-Marca xilografica

L’incisione è firmata in basso al centro “Pecini sculpsit e in.or Ven.s”, mentre sul bracciale abbandonato in basso a sinistra compare il nome della stamperia: “apud Turrinum”.

Nel frontespizio tipografico la marca xilografica parlante dello stampatore che allude al nome del tipografo. All’interno di un globo circondato da un fregio con due angioletti si vede infatti una torre rotonda merlata alla guelfa sormontata da un angelo. Nella cornice è inscritto il motto

DEUS FORTITUDO ET TURRIS MEA

 

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