56 - Lyceum Patavinum

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Il Lyceum Patavinum, dedicato da Charles Patin presenta il profilo di 33 docenti dell’Università che nel 1682 insegnavano filosofia, medicina e teologia, posti in ordine di anzianità di insegnamento. La seconda parte, che avrebbe dovuto contenere le vite dei giuristi, non fu pubblicata. Per se stesso, incluso al ventunesimo posto, Patin non lesinò notizie. I rispettivi  ritratti calcografici, sono stati incollati in corrispondenza delle singole vite. 18 sono eseguiti dal vivo da Martial Desbois (come dichiara la firma in basso MDesbois Gall: AD VIVUM FECIT. o sculp.; altri portano l’indicazione dell’esecutore (il solo monogramma MD, o la scritta MDesbois fecit).

Il ritratto di Domenico Marchetti è segnato MDesbois del: / De la Haye fe:. Solo quelli di Giovanni Pompilio Scotti, Giorgio Dalla Torre, Adriano Santuliana, Ilario Spinelli, Giordano Giordani, Ottavio Savioli e Giuseppe Carlotti non portano nessuna indicazione.

Precede il frontespizio tipografico, l’antiporta calcografica con l'Allegoria dell’Università di Padova incisa da Martial Desbois su disegno di Louis Dorigny. La vignetta calcografica al frontespizio (mm 50 x 125; Igea e Atena si appoggiano ad un altare di marmo sul fronte del quale, entro un ottagono in bassorilievo è raffigurato un uccello in volo su un paesaggio, sovrastato dalla scritta “Omne solum forti patria est”) venne riutilizzata l’anno successivo per il Thesaurum numismatum, così come la vignetta che precede la dedica (l'allegoria di Venezia con i suoi simboli, incoronata da Roma e Bisanzio, con la scritta “Et decus et terror”). La macchinosa immagine dell’antiporta sembra esser stata imposta nel disegno del pittore dalle necessità illustrative e dalle volontà “diplomatiche” del committente, Charles Patin, professore di medicina, condannato per traffico di libri a Parigi e rifugiatosi a Padova, sotto la protezione del Senato Veneto.

Charles Patin voleva, con l’opera, rendere omaggio all’Università e ai politici veneziani che lo avevano chiamato ed adottato. Quindi, alla fine, anche a se stesso, che aveva dovuto troncare con la fuga la carriera alla Facoltà di Medicina della Sorbona, dove il padre era stato Decano; per le sue iniziative editoriali, trova i collaboratori sempre nella florida colonia degli artisti francesi a Venezia dove Martial Desbois rappresentava ormai una collaudata garanzia professionale anche se la sua figura è sempre stata liquidata come quella di un buon tecnico ma senza interessi originali.

177.c.73-Front.La parte interessante del libro, dal punto di vista figurativo, è invece costituita dai ritratti dei professori, diciotto dei quali disegnati da Martial “dal vivo”e altri sei evidentemente da tele o carte d’altri autori. Sette non recano alcuna indicazione. 

Il giovane Louis Dorigny, che forniva il disegno dell’antiporta, da poco arrivato a Venezia, era di buona famiglia d’artisti. Sia il nonno, Simon Vouet, che il padre, Michel Dorigny, avevano lavorato per la Corte di Francia. Louis aveva frequentato giovanissimo l’Accademia di Lebrun a Parigi e quindi quella di San Luca a Roma. Agli occhi di Patin sapeva tutto quello che un artista doveva sapere e aveva tutta la competenza per elaborare composizioni soddisfacenti per committenti dotti. Alla fine quello che unisce tutti questi personaggi è che, proclamandosi vittime di ingiustizia o sfortuna, vivono un esilio, in qualche modo dorato (almeno Patin e Dorigny) mitizzando l’immagine di una patria ormai inaccessibile e perduta. 

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