L’incisione barocca in Spagna

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In origine, il libro a stampa imita il manoscritto e, di conseguenza, le sue illustrazioni. I primi incunaboli iniziano timidamente a includere alcune illustrazioni, nella forma di incisioni che vengono intercalate al testo per spiegarne e chiarirne il contenuto. La tecnica utilizzata in queste prime stampe è la xilografia, o incisione su legno, che si combinava perfettamente con le prime forme tipo­grafiche, e permetteva la contemporanea stampa di caratteri e illustrazioni. In queste prime fasi della sua storia, il libro a stampa veniva decorato come se si trattasse di un manoscritto: lo stampatore lasciava in bianco lo spazio riservato all’illustrazione proprio come l’amanuense faceva nei manoscritti: a riempirlo era un miniatore, ma in altri casi si introduceva il colore con l’incisione su legno.

La tecnica utilizzata nei primi libri a stampa venne mantenuta per circa un secolo senza innovazioni importanti. La vera rivoluzione avverrà con la sostituzione dell’incisione su legno con quella calcografica, fenomeno che si dà ad Anversa a metà del XVI secolo. La Spagna non restò immune dalla rivoluzione, visto che l’incisione su rame donava maggiore espressività all’immagine, e più dettaglio e precisione al tratto, facendola diventare il mezzo più idoneo per la diffusione dei nuovi ideali politici e religiosi sorti dalla Controriforma. In questo processo fu fondamentale il ruolo svolto da Filippo II, che concesse all’officina di Cristoforo Plantino il monopolio dell’edizione dei nuovi libri di preghiera voluti dal Concilio di Trento: così, prima le Fiandre e poi la Francia divennero i maggiori produttori di stampe per tutta l’Europa, ed esportarono anche numerosi incisori, che si stabilirono nei diversi paesi del continente. Filippo II, conscio delle potenzialità propagandistiche dell’immagine, non esitò a chiamare a corte l’incisore Pedro Perret per fargli eseguire le vedute del Monastero dell’Escorial, secondo i disegni realizzati da Herrera, che ne era stato il principale architetto.

La superiorità della nuova tecnica fece sì che in tutta la Spagna l’incisione su legno fosse sostituita da quella su rame, anche se nella Penisola non sorse un’infrastruttura di botteghe di incisione tale da rendere possibile la nascita di una generazione di incisori; si dovette dunque ricorrere all’importazione sia di stampe sia di artigiani che incidessero le lastre. È anche vero che, vista la bassa qualità e la scarsa produttività dei centri editoriali, in Spagna non vennero gli incisori di maggiore qualità e prestigio, ma piuttosto personalità di seconda fila; Cornelio Boel, Juan de Noort, Gregorio Forman o Jean de Courbes furono le figure più importanti che operarono nella Penisola Iberica.

Ciò che, in generale, più attraeva della stampa era la possibilità di moltiplicare i testi e di conferire loro maggiore uniformità, anche se i cambiamenti non avvennero immediatamente. Fu una trasformazione graduale. La conquista di una maggiore accessibilità del testo accrebbe il desiderio nei lettori di possedere i libri senza doverli leggere o consultare in una biblioteca, rendendo così popolari i formati più piccoli. Fin dalle origini della stampa era anche consuetudine adornare e illustrare le opere prodotte con la nuova tecnica; e, quando si sentì la necessità di aumentare il numero di queste illustrazioni, si dovette cercare un procedimento diverso da quello utilizzato per i manoscritti, ricorrendo alla riproduzione mec­canica delle immagini. La xilografia, tecnica conosciuta già prima dell’invenzione della stampa, fu il primo sistema utilizzato. Ma, come si è detto, dalla metà del XVI secolo si iniziò a utilizzare la tecnica dell’incisione su rame, più in sintonia con i nuovi tempi che correvano in Europa, più idonea alla riproduzione di monumenti artistici e ritratti. L’incisione su metallo consentiva infatti di tracciare linee molto più sottili e vicine tra loro, e anche di modularle in profondità per ottenere volumi e gradazione di toni.

Il passaggio dalla xilografia all’incisione su metallo ebbe come effetto anche la fine dell’anonimato degli artisti. Nel XVII secolo l’incisore acquisisce a pieno diritto la condizione di artista, e con l’introduzione dell’acquaforte anche i pittori fanno il loro ingresso in questo nuovo campo. L’incisore firma le lastre come gli altri esecutori dell’opera, l’inventore e il disegnatore: tre ruoli che a volte coincidono nella stessa persona.

La Spagna assorbirà un’autentica ondata di incisori stranieri: fiamminghi, italiani e francesi si stabilirono a Madrid e nelle più importanti città spagnole.

In Spagna il libro divenne il naturale approdo dell’incisione, anche se si nota una vistosa contraddizione tra la netta decadenza dell’industria tipografica - carta di scarsa qualità, caratteri consunti e rotti, stampa trascurata... riflesso della profonda crisi economica che attraversa la Spagna, e della necessità di produrre edizioni più economiche -, e il grande momento che vive l’illustrazione, che si spiega con la ricerca dello sfarzo propria della società barocca: l’elemento visuale ha il compito di diffondere e inculcare i principi sociali e religiosi che la monarchia vuole propagare.

La Spagna presenta dunque alcune peculiarità rispetto al resto d’Europa. In primo luogo l’assenza di botteghe per l’incisione e la massiccia importazione di stampe dalle Fiandre e dalla Francia. La costituzione delle nuove botteghe si realizzerà con l’arrivo degli incisori stranieri e i monarchi spagnoli comprenderanno la necessità di accoglierli nelle loro corti. Possiamo sospettare che gli incisori spagnoli siano stati autodidatti, e che abbiano appreso copiando le stampe importate, anche se non va escluso il ricorso ai manuali. Furono pochi, e la prova della loro pre­caria situazione economica è che non si riunirono in cor­porazioni; non abbiamo notizia nemmeno dell’esistenza di imprenditori che aprissero botteghe per farvi lavorare squadre di incisori. Questi realizzavano la maggior parte delle loro opere direttamente per incarico dei loro clienti, che nel caso dei libri erano gli autori stessi.

Un’altra caratteristica del libro barocco spagnolo è la presenza di un minor numero di illustrazioni, numero che inoltre si va progressivamente riducendo, tanto che i libri illustrati arrivano solo al 5% di quelli editi. Le ragioni di questo calo sono di ordine economico, visto che l’incisio­ne aumentava notevolmente il prezzo del libro e si inve­stiva in questa direzione solo quando era garantita la ven­dita; per altro, dato lo scarso numero di stampe che pote­vano essere incluse in un libro, la committenza decideva normalmente di far inserire solo quelle fondamentali per il testo, come il ritratto dell’autore o del dedicatario.

In Spagna la finalità dell’incisione calcografica fu fon­damentalmente propagandistica. Il potere politico, la monarchia e la nobiltà, utilizzarono le stampe come mezzo per la propria conservazione, e per propagare l’ideologia ufficiale. La nascita di una cultura di massa controllata in modo dirigistico dal potere mirava a consolidare l’ordine sociale e religioso stabiliti. Nel libro, l’incisione diviene un mezzo ideale di questa propaganda, e serve non solo come complemento del testo, ma anche come supporto visivo dello stesso. L’arte barocca si mette al servizio dei poteri per rafforzare l’ordine sociale.

Nell’ambito di una cultura destinata alle masse, l’inci­sione presenta contenuti simili a quelli delle altre produ­zioni artistiche, ma offre l’enorme vantaggio di essere rea­lizzata in serie. Questo è inoltre il momento in cui la dif­fusione del libro non tocca solo le classi dominanti, ma anche un’incipiente classe media composta da laureati, burocrati, clero regolare. L’immagine deve persuadere il lettore, creando le condizioni per una migliore assimilazio­ne dei contenuti. Viene utilizzata come mezzo per forgiare la mentalità e creare individui al servizio dell’organizza­zione sociale, politica ed economica. Come ausilio del testo, sarà il principale elemento di diffusione delle idee.

Il ritratto reale diviene il mezzo più idoneo per propa­gare i contenuti impliciti nella figura del re. Il ritratto regio è uno degli espedienti di cui si servono i gruppi dominanti per mantenere l’ordine sociale. Mediante l’esaltazione maiestatica del monarca, infatti, si combatte­vano e prevenivano le critiche al potere.

Attraverso le stampe, inoltre, si commemoravano e si divulgavano gli eventi che davano splendore al regno. Gli eventi raffigurati erano le feste religiose e profane che organizzava il potere. La festa barocca è uno spazio di eva­sione che interrompeva il tranquillo scorrere quotidiano. Queste feste si realizzavano in occasione di intronizzazio­ni, vittorie militari, entrate regie, sponsali, nozze, comple­anni ed esequie degli alti personaggi della Corte.

Ma l’incisione non serviva solo da sostegno al potere politico; essa è anche al servizio della propaganda religio­sa, e sono dunque numerose anche le stampe create per lasciare memoria delle celebrazioni religiose. L’obiettivo non era quello di rappresentare la festa in sé, quanto di registrare il lusso e la magnificenza delle decorazioni con cui si addobbava la città, si organizzavano le scenografiche sfilate, si svolgeva la liturgia sociale.

I libri illustrati del XVII secolo che nelle loro incisioni riprendono il testo verbale, non sono quasi mai opere di creazione letteraria, tranne nel caso della letteratura de cor­del (il corrispettivo spagnolo del colportage), dei pliegos suel­tos, e dei libri di emblemi. Le illustrazioni si collegano al testo soprattutto nei libri che trattano di religione, storia ecclesiastica o politica (intesa come genere encomiastico); sono spesso illustrati anche i libri necessari alle professio­ni scientifiche e tecniche, e le guide per viaggiatori.

Le illustrazioni presenti nella letteratura de cordel con­tinuano spesso ad essere realizzate con semplici legni, gli stessi che si impiegavano nel Cinquecento ed erano rima­sti inutilizzati. I soggetti più frequenti sono le figure isola­te, che rappresentano i personaggi principali a cui fa rife­rimento il testo: la dama, il cavaliere, il musicista. Questa versione popolare dell’incisione ignorò l’evoluzione tecni­ca cinque-secentesca, ma visse una propria vita parallela di cui gli studiosi non si occuparono fino al XIX secolo.

La massima interazione possibile tra testo e immagine si trova nei libri di emblemi, visto che l’emblema consiste nell’associazione di un’immagine a un titolo esplicativo e un breve testo poetico. Nel XVII secolo furono stampate almeno venti opere illustrate di contenuto emblematico, che andavano dalle traduzioni di Alciato fino a quelle rea­lizzate dagli emblematisti spagnoli; in molti casi si usava­no incisioni su legno, che rivelano la scarsità di incisori a bulino sul territorio spagnolo.

La tematica e l’iconografia della stampa barocca sono condizionate dalla loro funzione propagandistica. Nella società barocca l’arte non è un mero elemento esornativo o il frutto della libera creazione di un artista, ma strumen­to di propaganda utilizzato dalla Chiesa e dalla monarchia per consolidare l’assimilazione dei propri ideali. Si tratta di un’arte su commissione con finalità concrete e determi­nate, cui è sottesa una complessità concettuale tale da ren­dere necessaria la collaborazione di persone che elaborino tutto ciò che l’artista deve raffigurare su rame. Dietro all’incisore troviamo allora l’autore del libro, il creatore dell’iconografia, l’inventore della composizione e il dise­gnatore, anche se in numerose occasioni la figura del dise­gnatore e dell’incisore coincidono nella stessa persona. Ogni composizione cela un articolato programma icono­grafico, di cui l’artista è solo il mero esecutore materiale, tanto più che molte stampe si basano su altre precedente­mente realizzate, e riprese a volte nella loro totalità, a vol­te solo per alcuni aspetti iconografici. La maggiore o minore abilità tecnica nel maneggio del bulino è, nella maggioranza dei casi, il tratto più personale dell’incisore, che era considerato più un artigiano che un artista, tanto che la sua retribuzione è equiparabile a quella di altri lavo­ri artigianali, e resta molto al di sotto dei guadagni dei grandi artisti.

Per qualità tecnica, l’incisione spagnola del Seicento non può essere paragonata a quella francese, italiana o fiamminga. È in questi paesi che si realizzano le innova­zioni e si fissano i modelli che si estendono al resto d’Europa con l’esportazione di stampe, sia sciolte sia inse­rite nei libri. Si può affermare, quindi, che l’arte dell’inci­sione presenta in Spagna un considerevole ritardo artisti­co e tecnico rispetto a quanto avviene oltre i Pirenei.

L’opera dei principali incisori che lavorano in Spagna presenta un livello tecnico simile, ma simili sono anche le forme compositive utilizzate. Gli elementi iconografici rispondono generalmente a modelli significativi prestabi­liti. Esistono alcune fonti iconografiche basilari di cui tut­ti si servono, come l’Iconologia di Cesare Ripa e gli Emblemi di Alciato. L’opera di Ripa, che vide la luce per la prima volta a Roma nel 1593, è un vasto trattato in cui in ordine alfabetico vengono descritte con tutti gli attributi icono­grafici allegorie molto diverse, accompagnate da una stampa con la rappresentazione che l’autore considera più appropriata. L’Iconologia ebbe una grande diffusione in Europa. Lo stesso avviene per gli Emblemata di Alciato, opera da cui l’incisore può prendere l’emblema nella sua totalità, o riprenderne particolari.

Le stampe che si riferiscono all’istituzione monarchica occupano un ruolo rilevante nella produzione barocca. E frequente l’utilizzo di ritratti equestri che rafforzano l’im­magine bellica della monarchia; in altre occasioni il re è rappresentato come paladino della Controriforma, e la sua missione principale è la difesa e propagazione della fede. Questo ruolo della monarchia spagnola è evidente anche in numerosi frontespizi di libri religiosi in cui lo scudo reale sovrasta tutta la composizione.

La nuova concezione della nobilità che si afferma dal­la fine del regno di Filippo II giunge al culmine durante il regno di Filippo IV. La nobilità diventa élite di potere che si raduna attorno al suo re: si iniziano a verificare le prime manifestazioni di mobilità sociale che minacciano il suo sistema di privilegi. Il re è riconosciuto come vertice della piramide sociale di cui l’aristocrazia occupa il livello immediatamente inferiore. Ciò implica un rafforzamento della posizione di privilegio dei nobili grazie al consegui­mento di incarichi nell’amministrazione. Tale situazione si riflette anche nelle immagini a stampa. Il cambiamento di attività della nobiltà, dalle armi alle occupazioni politi­che e amministrative, fa sì che gli studi diventino un ele­mento caratteristico del nuovo ordine sociale. Come pro­tettori delle arti e mecenati gli aristocratici si accaparrano gran parte delle dediche dei libri. La cultura viene utiliz­zata per avanzare all’interno dell’amministrazione. Anche il conte duca di Olivares, potentissimo privado di Filippo IV, utilizzerà nel suo scudo gli attributi di Pallade Atena, a simboleggiare l’unione tra armi e lettere.

Una delle funzioni principali della stampa durante il XVII secolo fu, inoltre, il suo marcato carattere controri­formistico. La maggior parte delle immagini che accom­pagnano i testi hanno una forte componente religiosa, e la loro missione è prima di tutto la propagazione delle veri­tà di fede stabilite nel Concilio di Trento che, nella sua ultima sessione, riconosce la funzione dell’immagine come mezzo propagandistico. Si ebbe così un rilancio del­l’immagine religiosa che rese necessaria la creazione di nuove forme iconografiche per raggiungere la finalità del­l’insegnamento religioso, e che implicava un ferreo con­trollo da parte dei poteri ecclesiastici. Questi stabilivano cosa si doveva rappresentare e come. L’immagine doveva stimolare la contemplazione e la devozione, e il facile moltiplicarsi della sua diffusione grazie alla tecnica calcografica ne fece uno dei mezzi privilegiati per la propagan­da apostolica, utilizzato soprattutto dai Gesuiti. I temi delle stampe erano gli stessi della religiosità barocca. Uno dei più ripetuti è quello dell’Immacolata Concezione, molte volte rappresentata con un gruppo di angeli. Ma ancora più numerose sono le stampe destinate alle protet­trici locali: la Madonna di Montserrat, quella del Pilar e quella di Guadalupe godettero di enorme popolarità, e i santuari e i conventi loro dedicati commissionarono agli incisori più importanti la realizzazione di immagini parti­colari. Questo spiega perché le stampe su temi di devozio­ne generale erano fornite dalle bottèghe europee, mentre gli incisori stanziati in Spagna si dedicavano alle tavole di carattere locale o comunque più specifico, che altrove non erano prodotte.

L’importanza conferita dal Concilio di Trento al culto dei santi è nota, e gli ordini religiosi si sarebbero incarica­ti della sua diffusione. La maggior parte dei santi erano privi di una propria tradizione iconografica, e si rese così necessario lo sviluppo di grandi programmi raffigurativi. Per molte figure di santi e beati, l’inesistenza di un’icono­grafia precedente portò all’introduzione di attributi molto generali e ripetitivi. Inoltre, il fatto che molti di loro fos­sero contemporanei, fece sì che proprio nei libri loro dedi­cati si fissasse per la prima volta il modo di rappresentarli, e che la loro iconografia avesse dunque origini tipografi­che. Gli ordini religiosi adornarono con l’immagine dei propri santi fondatori antiporte e frontespizi dei libri come elemento identificativo e autocelebrativo.

Altre stampe devozionali con una finalità molto con­creta erano le immaginette: aleluyas e gozos. Nelle prime figurava scritta sotto l’immagine la parola alleluia, ed era­no distribuite tra i fedeli nelle feste patronali o nei giorni festivi come il Corpus Domini o il giorno di Pasqua; le seconde erano di tema mariano. Sull’ortodossia di questa produzione tipografica effimera vegliava l’Inquisizione.

Il libro illustrato, nella maggior parte dei casi, ha una sola immagine, sul frontespizio, che riunisce tutti i dati stabiliti come obbligatori nella prammatica del 1558: autore, titolo, luogo di stampa e stampatore. Il frontespi­zio era concepito sulla base del contenuto del libro o del­la persona o dell’istituzione a cui l’opera era dedicata. La tendenza a utilizzare sul frontespizio allegorie fece cadere le immagini puramente narrative, e il frontespizio diven­ne contemporaneamente foglio di propaganda e introdu­zione per iniziati, in cui si cercava di riassumere il pensie­ro dell’autore del libro.

L’origine dei frontespizi architettonici si ebbe con la sostituzione dell’incisione su legno con quella su rame avvenuta verso la metà del XVI secolo. In un primo momento il titolo, insieme al resto dei dati dell’opera, era collocato all’interno di un fregio inciso, ma il sistema richiedeva due stampe: prima quella tipografica e quindi il fregio, per cui ben presto si impose il sistema di incide­re su rame tanto il fregio quanto il testo. Non è facile sta­bilire se fosse la stessa persona a realizzare i due lavori, anche se è probabile che esistesse la figura dell’artigiano specializzato nell’incisione delle sole lettere.

I primi esempi si registrano nella stamperia di Cristoforo Plantino, e dalle Fiandre la tecnica si diffuse progressivamente attraverso tutta Europa per arrivare in Spagna sia attraverso i libri dello stesso Plantino, sia gra­zie agli incisori fiamminghi e francesi immigrati, in parti­colare Perret, giunto a Madrid nel 1583. Tutte presenta­no lo stesso modello: l’articolazione dell’illustrazione come scultura attorno a forme architettoniche. Queste architetture di solito rappresentano la facciata di un edifi­cio che nel libro simboleggia la porta di accesso al conte­nuto. Nel vano centrale figurano sempre il titolo e il nome dell’autore, la persona a cui l’opera è dedicata, così come lo stampatore e l’anno di pubblicazione. Integrate nell’architettura si vedono diverse figure, reali o allegori­che, così come scudi d’armi e, in alcune occasioni, emble­mi e ritratti. Questa struttura risponde a un ordine gerar­chico; e quanto alle forme architettoniche, esse corri­spondono ad un attardato manierismo: è molto frequen­te che gli incisori si ispirino per le loro composizioni ad artisti come Palladio.

Un altro elemento utilizzato frequentemente nell’illu­strazione del libro è il ritratto. Come si è visto, il potere politico rappresentato dalla monarchia e dalla nobiltà, utilizza l’incisione come mezzo per mantenere e diffonde­re l’ideologia su cui si basa la sua autorità. E per questo che, a partire dal XVI secolo, il ritratto del re acquista un’importanza eccezionale, divenendo il mezzo più ido­neo per propagare i contenuti ideologici della figura del monarca. La bellezza ne costituiva uno dei tratti distintivi, per rappresentare la supremazia fisica e morale rispetto ai suoi sudditi.

In questo modo, la stampa nel libro diventa un monu­mento commemorativo con funzioni simili a quelle che avevano medaglie e sculture; ma, essendo un oggetto più accessibile, aveva maggiori possibilità di circolazione. Importanti furono i ritratti di Filippo II e Filippo III come difensori della religione cattolica realizzati da Pedro Perret, anche se la maggior profusione di ritratti del regnante si avrà durante il regno di Filippo IV, grazie alla maggiore perfezione raggiunta dalla tecnica incisoria.

È nei ritratti del re, dei suoi ministri e delle più alte cariche della Corte, che avranno il massimo sviluppo gli elementi decorativi: agli occhi dell’osservatore si enfatizza così la grandezza del personaggio, che presenta come un fatto indiscutibile il possesso delle qualità che gli appar­tengono, vista la sua condizione sociale. I ritratti del duca di Lerma, del cardinale-infante Fernando d’Austria, del conte duca di Olivares, della regina Isabella di Borbone o di don Giovanni d’Austria sono contraddistinti da nume­rose allegorie.

Bisogna aggiungere che il ritratto regio che figura nel­l'incisione barocca si allontana dai modelli utilizzati abi­tualmente nella pittura di Corte, fondamentalmente per la sua diversa funzione: mentre il ritratto di Corte ha un carattere privato o semiprivato, quello inciso (riprodotto in un gran numero di copie di costo ridotto) è pubblico; e mentre nel ritratto di Corte si impongono l’austerità e la sobrietà, non succede lo stesso nelle stampe, in cui gli ele­menti allegorici invadono la scena, elevando la figura regia a una condizione semidivina. Il Filippo IV seduto in trono, coronato, che impugna lo scettro e la spada, e tiene un piede sul globo terracqueo retto da Nettuno, attornia­to dalle allegorie della Spagna, dell’America, della Fede e della Religione e dagli emblemi che rappresentano la cle­menza del re, diviene un modello da imitare per tutti gli incisori.

I ritratti che si conservano di Carlo Il mantengono le stesse caratteristiche di quelli del padre, anche se nei suoi primi anni si mette in risalto la sua condizione di re-bam­bino.

Grazie ai libri con illustrazioni si divulgarono gli even­ti che contribuivano a dare splendore al regno. Si possono menzionare qui le magnifiche tavole incise da Juan Schorquens per illustrare l’opera di Joâo Baptista Lavanha Viaje de la Católica Real Majestad del Rei D. Felipe III, pub­blicata a Madrid da Tomás Junti nel 1622; se ne faranno due edizioni, una in castigliano e l’altra in portoghese, con quattordici incisioni che raccolgono i tredici archi trionfali eretti dalle corporazioni di arti e mestieri della città di Lisbona.

I ritratti degli autori si caratterizzano per l’utilizzo dei modelli classici e per l’austerità della composizione, generalmente con figure a mezzo busto, colte nell’atto di scrivere, o con gli strumenti professionali (la penna, il compasso, la sfera), mentre come decorazione compare spesso lo scudo d’armi. Solo quando il ritratto è posterio­re alla morte dell’autore è accompagnato da allori o figu­re allegoriche.

La biografia fu un genere ampiamente coltivato duran­te il XVII secolo, tra retorica, storiografia e agiografia, e fu sempre volto a delineare la mentalità e a rafforzare i vinco­li della sottomissione. Dobbiamo tuttavia rilevare lo scar­so numero di libri che presentano il ritratto a figura intera del protagonista, e l’assenza di opere d’insieme dedicate a far conoscere ritratto e biografia dei grandi personaggi sto­rici secondo lo stile dei trattati in voga ad Anversa; basti aggiungere che sino alla fine del XVIII secolo non venne incisa una serie di ritratti dei re spagnoli come avveniva per altre dinastie europee già dal Seicento.

Per quanto riguarda i grandi trattati di architettura e la diffusione delle immagini dei catafalchi architettonici si verifica una situazione curiosa: mentre esiste un totale disinteresse per l’incisione di opere di architettura, con l’unica eccezione dell’Escorial, non avviene lo stesso per le architetture effimere. I promotori di questi fastosi apparati celebrativi avevano enorme interesse che ne rimanesse memoria, e per questo facevano stampare relazioni che descrivevano minuziosamente i preparativi, le cerimonie e gli stessi monumenti, visto che l’edizione di un libro illu­strato rappresentava un costo ridotto sulla spesa totale del­le celebrazioni. Nei libri che si pubblicarono a motivo del­le esequie di personaggi della casa reale celebrate nelle varie città dell’impero non mancarono queste stampe, ope­ra spesso di incisori vicini alla Corte o di grande prestigio.

L’incisione su rame ebbe un’importante funzione anche come integrazione e supporto del contenuto di trat­tati tecnici - opere di geometria, astronomia, architettura e scienze naturali - per la qualità e la precisione delle rap­presentazioni che la tecnica utilizzata consentiva. La stampa spiegava in un linguaggio chiaro e accessibile il testo che accompagnava, e in molte occasioni l’autore rimandava il lettore all’illustrazione per risparmiarsi lun­ghe e complicate descrizioni. Anche se in Spagna era pale­se la decadenza degli studi scientifici, si pubblicarono trat­tati di architettura come quello di Andrea Palladio o di fra Lorenzo de San Nicolás.

Un interessante uso delle incisioni fu quello delle car­tillas (“abbecedari”) calligrafiche, sussidi per imparare a leggere e scrivere, in cui era centrale l’abilità degli inciso­ri. L’autore di uno dei più famosi, Pedro Díaz Morante, ci narra, nella sua Nueva arte donde se destierran las ignorancias que hasta oy ha avido en enseñar a escribir (Madrid, 1616), le vicissitudini affrontate per poter vedere incise le tavole: dovette addirittura imparare lui stesso a farlo, visto che in Spagna non aveva trovato maestranze che sapessero “inci­dere lettere su rame” come ne esistevano in Italia; lamen­ta anche il fatto che la lettera incisa non risulti mai così perfetta come quella del disegno originale.

Si può affermare, in conclusione, che il libro illustrato spagnolo del Seicento presenta caratteristiche che lo diffe­renziano dalla produzione europea, fatto non nuovo nella storia della stampa in Spagna. Disegni poco originali, copia e importazione dei modelli europei, inesistenza di botteghe propriamente ispaniche e scarsa qualità tecnica degli incisori sono alcuni degli aspetti che vanno maggior­mente messi in rilievo. Ma emerge un altro fatto sorpren­dente: l’assoluta scarsità di scene ispirate ai testi letterari del Siglo de Oro spagnolo. Le opere di Cervantes, per fare un solo esempio, sono illustrate molto prima all’estero che in Spagna. Lo splendore della letteratura nazionale non è accompagnato dalla qualità dell’incisione calcografica; e anche questo fatto può essere visto come espressione del­la generale povertà della tipografia spagnola del XVII secolo.

Isabel Moyano Andrés

 

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