Cannelli, Lorenzo

Attore, caratterista, Stenterello, direttore di Compagnia

qualifica
Attore, caratterista, Stenterello, direttore di Compagnia
data di nascita e morte
1802 - 17 febbraio 1872
Cannelli, Lorenzo - Biblioteca Museo Teatrale Siae del Burcardo, Roma
Cannelli, Lorenzo - Biblioteca Museo Teatrale Siae del Burcardo, Roma

Biografia

"Nacque a Firenze nel 1802. La prima notizia che lo riguarda è del 1821; il 22 settembre di quell'anno redasse di suo pugno un contratto di compravendita a termine dal quale si desume che, orfano di padre e minorenne, ostentando d'intraprendere la carriera dell'attore comico con serietà professionale, aveva persuaso il proprio maestro Luigi Del Buono, inventore della maschera di Stenterello (che, peraltro, mal sopportava le intemperanze verbali del discepolo e aveva deciso, colto da scrupoli religiosi che gli facevano ritenere immorale la sua professione, di ritirarsi dalle scene), a vendergli i manoscritti di venti commedie "col carattere di Stenterello", nonché il costume di scena con i ricambi per la somma di 54 zecchini fiorentini. In calce al contratto, avallato dalla madre e tutrice del C., Luisa Archi (cognome di seconde nozze), si legge un'annotazione del Del Buono dalla quale si apprende che il saldo rimase insoluto. Il C., in effetti, non raccolse immediatamente la successione nel cuore degli spettatori fiorentini perché troppo vivi erano in costoro il ricordo dell'efficacia interpretativa del Del Buono e l'aspettativa che questi tornasse a recitare (intervenne, in seguito, sporadicamente, soltanto a spettacoli di beneficenza), sicché egli si aggregò, per rappresentazioni straordinarie, alla compagnia di Tommaso Zocchi (teatro Pantera di Lucca, autunno 1825) e a quella di Luigi Bergamaschi (teatro del Giglio della stessa città, primavera 1829).

Dopo la morte del Del Buono, avvenuta nel 1832, ebbe vero inizio la carriera stenterellesca del C., che si valse del repertorio del maestro, apportando modificazioni ed aggiunte ai copioni acquistati, i quali, grazie alle sue capacità espressive, riuscirono a guadagnare quell'efficacia scenica che, originariamente, spesso non possedevano.

Rese mordaci le battute attraverso i doppi sensi licenziosi allusivi al malcostume civile e politico del tempo in contrasto con la castigatezza e il linguaggio terso e misurato del maestro che pure si era cimentato nella satira di costume. Uomo di una certa cultura e verseggiatore estemporaneo, il C. faceva assegnamento anche su stravaganti acrobazie mimiche e vocali. Se lo Stenterello del Del Buono, assennato e arguto, smascherava gli ipocriti, puniva i prepotenti e umiliava gli arroganti, quello del C. inseriva le azioni oneste in un contesto di avvenimenti insoliti o terribili, insistendo, senza la discrezione del maestro, sugli espedienti dei combattimenti, naufragi e incendi, e sui motivi delle persecuzioni da parte dei malandrini e dei fantasmi; quanto alla satira politica, il primo aveva spirito antifrancese, il secondo liberale e antiaustriaco; come il Del Buono, il C. indossava, sotto la giubba a strisce bicolori, una sottoveste di colori vivaci ma contrastanti; completavano l'abbigliamento scarpe a fibbia, calze a righe, calzoni corti e neri, parrucca con codino a tortiglione e lucerna con fregio.


Il C. recitò nella sua città natale soprattutto nel teatro di Borgognissanti, in quello degli Arrischiati e in quello del Giglio, poi Leopoldo, poi Nazionale (che i frequenti incidenti insorti tra spettatori volgari e turbolenti resero in un certo senso famoso), e ancora nel teatro dei Solleciti (carnevale 1855) e nel teatro Goldoni (carnevale 1861), in una formazione solennemente denominata Drammatica compagnia toscana, che annoverava, come prima attrice, la moglie Paolina Conti; si recò pure nelle principali piazze della Toscana (Lucca e Pisa), a Modena (teatro Ducale, novembre-dicembre 1849), a Milano (teatro Carcano, dove nel febbraio 1842 allestì un balletto in cui ballerini e cantanti dovevano anche recitare), a Piacenza (quaresima 1845), a Bologna (arena del Sole, agosto 1845) e in talune città venete e piemontesi.

Il pubblico ascoltava divertito e applaudiva le scurrilità (avevano procurato alla maschera il soprannome inusitato di Porcacci) e le pesanti allusioni contro Leopoldo II e Pio IX (ma una sera il C., poco dopo essersi mostrato alla ribalta del teatro degli Arrischiati e aver presentato il granduca come secondo Stenterello di Firenze, fu arrestato e la rappresentazione non ebbe luogo; in altre circostanze fu ammonito o, dopo essere stato messo ai ferri, liberato per le ore di recita al fine di non provocare malcontento tra gli spettatori più fanatici), e, alla fine dello spettacolo, entusiasta e schiamazzante, esigeva l'ottava di commiato, spesso improvvisata, e talvolta protestava perché era troppo corta.Nel carnevale 1862 il C. recitò a Livorno, poi, dal novembre 1864, con diverse interruzioni, al teatro Nazionale di Firenze, dove il 30 dic. 1866 dette una delle sue ultime rappresentazioni con L'inaspettato arrivo del Solitario misterioso e la parodia in musica Il Diavolo in cantina. Ritiratosi dalle scene, si stabilì a Livorno, dove visse dei suoi risparmi. Colpito da aneurisma, morì, a Livorno, il 17 febbr. 1872.

I giudizi dei contemporanei sul C. sono contraddittori: da una parte L. Rasi gli imputa di aver degradato al livello del grottesco l'opera del maestro ("il sorriso divenne sberleffo, il riso sghignazzata") e si diffonde a citare le stroncature dei critici, ricordando che al teatro Leopoldo, più che recitare o cantare, si faceva un "baccano da taverna", dall'altra A. Aschieri ravvisa nello Stenterello del C. un tipo "primitivo e vergine" e asserisce che questi era capace di esibirsi anche senza trucco stenterellesco e di sbizzarrirsi a suo talento quando lo riprendeva. Comunque, è unanime il riconoscimento, da parte degli studiosi del teatro delle maschere che la comicità tutta plebea delle sue battute e l'immediatezza dei suoi interventi di fortuna esercitarono una enorme attrattiva sul pubblico medio e minimo di Firenze e segnarono, nella vita della maschera, un momento mai più recuperato."

Tratto da CANNELLI, Lorenzo di Sisto Sallusti - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)

 

sitografia

Treccani